Lo specchio della luna

Angelo Signorelli

Secondo premio e medaglia d'oro "Trofeo delle Nazioni" Premio letterario internazionale 1994

Un giorno Giove, padre di tutti gli Dei, volle fare un regalo a Venere, Dea della bellezza. Trattandosi della sua figlia prediletta, doveva essere un gioiello del tutto particolare: grande come tutte le gemme che si trovano nell’universo messe insieme e talmente luminoso da poter essere osservato da tutti i pianeti che girano attorno al Sole.
Per di più doveva avere la capacità… di ragionare e saper parlare, per fare buona compagnia alla sua padrona.
Agli occhi del comune mortale l’impresa poteva sembrare assurda e irrealizzabile; ma non certo per un Dio, per il quale nulla è impossibile.
Certamente il “Re dell’Olimpo” dovette studiarci un po’ e metterci tanto impegno ma, alla fine, riuscì perfettamente e il risultato fu un vero capolavoro di bellezza e perfezione.
Venere fu tanto contenta di aver ricevuto quella splendida gemma, così brillante da poterla usare come un magico specchio. La chiamava “Luna” e passava gran parte del suo tempo a guardarla per ammirarne la bellezza e lo splendore, specie durante la notte, quando illuminava la Terra con i suoi raggi.
Inoltre poteva con lei parlare, confidarle segreti e scambiare pettegolezzi.
La Luna si dimostrò una grande “chiacchierina”: parlava e parlava; le chiedeva un’infinità… di cose e soprattutto, da gran civettuola qual’ era, voleva sapere com’era fatta, se era bella, se tutti la guardavano.
Anche Giove, di tanto in tanto, andava ad ammirare il suo capolavoro e fu proprio lui che, in una di queste visite, si rese conto che la luna non stava bene di salute: se ne stava silenziosa in disparte e aveva perduto gran parte della sua luminosità….
Preoccupato, le chiese il motivo e, dopo qualche insistenza, riuscì a farla parlare e a dichiarare la causa della sua tristezza.
– Tu mi dici che io sono bella, sono grande, sono luminosa e splendente. E io ti sono tanto grata perché mi hai fatto così bella. Ma che me ne faccio di tanta bellezza…se non ho uno specchio dove potermi ammirare!
Giove restò qualche minuto in silenzio. Pensieroso si grattava la lunga barba. Nella sua lunga vita di problemi da risolvere ne aveva avuti tanti ma era la prima volta che gli capitava di dover creare uno specchio per uno specchio.
E poi, la Luna era talmente grande che era impossibile creare uno specchio capace di contenere la sua immagine.
Ma per il “Gran Dio della Pioggia” tutto era possibile!
Certo dovette studiarci un po’ ma, alla fine, creò il suo secondo capolavoro:
fece affluire un’immensa quantità… d’acqua sul pianeta Terra, ove si formò il più grande e il più bello specchio che neanche gli Dei avrebbero mai potuto immaginare.
Il primo a specchiarsi fu il Cielo e rimase tanto colpito da tanta bellezza che volle restare a guardarla per sempre e la sua immagine riflessa diede a quelle acque trasparenti un colore azzurrino con sfumature di un bel verde smeraldo.
E’ facile immaginare la grande gioia che provò la Luna nel ricevere quel dono. Finalmente era felice! Aveva lo specchio che aveva tanto desiderato e quando Giove le chiese come voleva chiamarlo, lei prontamente rispose: “Amore”.
Ma, come tutti sanno, Giove era un po’ sordo e capì “Mare”.
– E va bene disse con voce tonante il “Dio dei fulmini – il tuo specchio si chiamerà… “Mare”.
Poi aggiunse con tono ancor più serio, quasi irato: – Dispongo che Gli Dei, gli uomini, gli animali e anche le cose possano utilizzarlo a piacimento. Ma guai a chi oserà…adoperarlo senza averne il massimo rispetto!!! Così ho deciso!…
La Luna aveva grande cura per il suo specchio e ogni volta che lo prendeva per pulirlo, le acque in esso contenute si agitavano creando delle alte e basse maree.
Gli uomini che vivevano sulla Terra provavano una grande simpatia per la Luna ma guardavano con diffidenza il Mare, forse perché intimoriti e rispettosi per la sua grandezza.
Ma col passare del tempo cominciarono ad avere sempre meno paura di quel grande specchio. Pian piano gli si avvicinarono, fino a toccarlo con mano. Ora lo ammiravano per la sua bellezza e volentieri si fermavano a prendere il sole sulle sue spiagge.
Più tardi chiesero e ottennero da Giove il permesso di entrare nelle sue acque per prendere i pesci e per trasportare materiali vari da una riva all’altra con delle barche di legno.
Col passare del tempo non ebbero più paura del “grande specchio”; anzi, presero tanta confidenza con le sue acque da considerarlo un bene proprio e non chiesero più il permesso al grande Giove per poterlo sfruttare al massimo.
Costruirono imbarcazioni sempre più grandi, non più spinte dalla forza delle braccia o dal vento ma da potenti e rumorosi motori alimentati da vari combustibili: benzina, gasolio, metano, e perfino la pericolosissima energia nucleare.
Utilizzavano il Mare per trasportare materiali inquinanti, radioattivi e pericolosi che sovente, a causa di qualche incidente, finivano nelle sue acque, creando danni irreparabili.
Anche le guerre venivano fatte sul Mare e in quelle circostanze finivano nello specchio d’acqua miliardi e miliardi di tonnellate di materiale bellico.
Non contenti di tanto scempio, alcuni individui (non degni di essere chiamati uomini!), avevano scambiato il Mare per una discarica d’immondizie. Finivano così nelle limpide acque di un tempo, sporcizie d’ogni genere: contenitori di plastica, barattoli di ogni tipo, vetri rotti, calcinacci, turaccioli e persino scorie radioattive.
Ogni tanto comparivano sulla superficie delle acque enormi macchie dal colore nerastro e dall’aspetto melmoso e appiccicaticcio. Rimanevano compatte a galleggiare fino a quando non arrivava il vento che, frantumandole, le spingeva verso le coste. Era un vero disastro! Rimanevano imbrattati gli scogli, la sabbia, i pesci morti, granchi, gabbiani e cormorani. Non venivano risparmiati neanche i piedi scalzi dei poveri bagnanti che prendevano il sole lungo la spiaggia!
A poco a poco morivano tutti i microrganismi che vivevano nell’acqua per tenerla limpida e pulita.
Completavano l’opera di distruzione i concimi chimici che i fiumi portavano giù dai campi e che facevano crescere smisuratamente le alghe sul fondo marino che, andando in putrefazione, rendevano fetida e irrespirabile l’aria circostante.
Era in atto un processo di degrado ecologico irreversibile; qualcuno propose di non chiamarlo più Mare ma “La Gran Pattumiera”…
La Luna era ridiventata triste. Era evidente il suo gran dispiacere per come gli uomini avevano ridotto il suo fantastico, meraviglioso e magico specchio.
Manifestò a Venere il suo proposito di volerlo ripulire a fondo agitando fortemente le acque in esso contenute: cosi facendo, avrebbe ributtato sulla Terra tutte le sporcizie.
Per fortuna intervenne Venere che aveva capito perfettamente la catastrofe che avrebbe colpito tutti gli abitanti del pianeta Terra.
– Lascia perdere! – esclamò la Dea con tono suadente – Ci penserà… padre Giove a sistemare le cose!
La Luna acconsentì a tale richiesta, anche se era poco convinta. Poi, brontolando sotto voce:
– Non è giusto!…Troppo comodo!…GLI UOMINI SULLA TERRA PROCURANO I GUAI… TANTO, PRIMA O POI, QUALCUNO IN CIELO LI RISOLVERA’!!!

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