Il Natale era passato da pochi giorni. Ormai anche l’anno nuovo aveva fatto capolino fra le luci, gli alberi e i presepi, accuratamente preparati dalla gente, mentre trepidante attendeva le festività. Tuttavia non tutto era andato per il verso giusto, perché non si vedeva in giro più di tanta gente, e se lo faceva era sempre molto frettolosa, quasi sfuggente. Il piccolo Felice stava passeggiando con il suo Ruben per le strade del centro: “Ti comprerò un bellissimo collarino nuovo e cercherò qualcosa di originale per mamma e papà e per i miei amici”. Intanto guardava le vetrine dei negozi, dalle quali sorridevano, con il loro solito ghigno sprezzante, le simpatiche, seppur bruttine, befane, ben esposte a cavallo delle loro scope.

Qualcosa però non andava. “Salve signora Rosa” aveva pronunciato Felice, incontrando la vecchina, che però rispose con un semplice “bene grazie” e se la svigno con fare frettoloso. “Che le sarà successo? – pensò il bambino – a lei come a tutti. Le strade sono quasi deserte, quei pochi che incontri sembrano impazienti di ritornare a rinchiudersi nelle proprie case. Dov’è finita la magia del Natale? E la corsa frenetica per assicurarsi la calza più bella?”.

Perfino davanti al presepe di don Fulgi, in cui i personaggi si muovevano meccanicamente, in un meraviglioso alternarsi di alba e tramonto, sostavano in pochi. “Eppure è un presepe bellissimo” disse Felice al suo Ruben “e poi vedi?”. Don Fulgi, affettuosamente, ci ha già aggiunto i Re Magi, con i loro cammelli e i loro preziosi scrigni”. Ed era proprio a quei tre simpatici sapienti, provenienti dall’Oriente, che il pensiero del bambino era ora rivolto: “Miei cari saggi, venuti da lontano, suggeritemi voi i regali giusti per i miei cari”.

Senza nemmeno rendersene conto, Felice si trovò fermo davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli per bambini e la sua attenzione fu attirata dall’angolo degli strumenti musicali. Chiuse gli occhi e si trovò davanti ad una grande orchestra, in cui non c’erano le persone, ma solo gli strumenti. “Salve – disse il violino – cosa ci fai qui?” disse verso Felice, che rispose: “Non lo so neanche io come ci sono arrivato, ma mi piacerebbe sapere che cosa fate voi di bello!”. E il violino rispose con una vera e propria sviolinata: “Questo è per accoglierti, giacché mi piace chi si interessa di noi. Io, con le mie corde, produco un bel suono, dolce e delicato, spero ti piaccia!”.

“Il tuo suono delicato? Ed io allora, che devo dire?”, disse il flauto, mentre soavemente emetteva il suo suono dai quei tanti ‘buchini ‘.
“Sono io la più dolce” disse l’arpa. “le mie corde son più grandi di quelle del violino e quindi il mio suono è più celestiale.
“Coff coff” – ascoltate me, borbottava il tamburo, mentre la batteria cercava di prendere il sopravvento su di lui. D’improvviso s’udi un suono melodioso provenire dal fondo. “E tu chi sei?” chiese disse Felice. “Più celestiale di me, che sono in tutte le cattedrali, dove lo trovi? Io sono l’organo!”. La chitarra, molto più umile, si fece timidamente avanti, a piccoli passi, e disse a Felice: “Ognuno di noi ha un suono bello e originale, più o meno melodioso. Ma non è in questo modo che potrai ascoltare la musica più bella. Solo quando ci metteremo tutti insieme la ascolterai!”.

Gli altri strumenti abbassarono il capo e annuirono, mentre al triangolino, che si sentiva davvero piccolo piccolo, scappò pure una lacrimuccia. Quindi si misero tutti vicini e cominciarono a suonare Jingle Bells, producendo un’armonia davvero celestiale, tanto che sembrava scendessero gli angeli. “Pensate, se ci fossero anche i musicisti come sarebbe tutto più facile e più bello”, sospirò la cornamusa.

Felice richiuse gli occhi, sentiva la musica, provava una gioia indicibile… mentre sentiva le zampette di Ruben che strofinavano sulla sua gamba destra. D’un tratto riaprì gli occhi e si ritrovò davanti alla vetrina del negozio di giocattoli ed ebbe di colpo un lampo di genio: “Ho trovato… comprerò questi strumenti musicali, anche se giocattoli, per i miei cari. Una chitarra per papà, un’armonica per la mamma, un flauto, un’arpa, un tamburello per i miei vicini. E tanti fischietti per chiunque incontrerò. E per te, caro Ruben, un bel campanellino. Dovrà uscirne fuori proprio una bellissima orchestra, forse un po’ stonata sì, ma non importa. L’importante è che ognuno capisca che bisogna suonare insieme per essere felici. Ora mi metto subito in cammino, proprio come i tre saggi!”.

E sorrideva felicemente, mentre apriva la porta di quel negozio, da cui un carillion faceva ascoltare a tutti le bellissime note di Jingle Bells.

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