L’orto del nonno Pin

Silvio Valdevit Lovriha

L'orto del nonno PinC’era una volta in quel di Vittorio Veneto il nonno Giuseppe, che però tutti chiamavano nonno Pin, forse perché da giovane era stato un alpino.

Tutti i giorni, qualsiasi tempo facesse, si recava nel suo piccolo orticello che lavorava con cura, ricavando frutta e verdura come fichi, mele, uva, pere, caki e perfino melograni. Era fortunato perché per bagnare l’orto l’acqua l’aveva a portata di mano, dato che il largo fiume Meschio scorreva proprio di fianco. Tutti i santi giorni a mezzodì in punto arrivava sua moglie Orsola, una buona donna minuta, per portargli il pranzetto. Cibo che consumava seduto su una panca dentro una baracca di legno, che si era costruito da solo con tavolame e lamiera.

Un bel giorno caldo d’inizio settembre il nonno Pin stava per addormentarsi per il suo solito riposino pomeridiano quando sentì un rumore lieve: guardò attraverso una fessura e vide un giovanotto che, messe le scarpe a terra, stava salendo sull’albero per raccogliere delle belle mele mature.

Subito, senza far rumore, il nonno andò sotto l’albero e senza farsi vedere prese le scarpe e le porto con sé nella baracca. Intanto la sirena della fabbrica suonò: era il momento di rientrare al lavoro, anche per il giovanotto che con qualche mela in tasca scese dall’albero, ma non riuscì a trovare le sue scarpe. Tornò in fabbrica scalzo. Per tutto il pomeriggio i colleghi lo canzonarono, chiedendogli il motivo per cui era al lavoro senza le scarpe: le aveva perse o vendute? Il bello capitò alla sera, quando uscito dalla fabbrica trovò sotto l’orologio timbra-tempo la sua scarpa destra. E con quella sola scarpa fu costretto a rincasare, calzato soltanto a metà.

Potete immaginarvi cosa si sentì dire dalla moglie, una volta che le raccontò l’accaduto: “Bell’esempio di padre sarai per i nostri figli che verranno!” gli disse fuori di sé tutta imbronciata. In malo modo gli mise in mano il piatto della cena, che consumò tutto da solo. La sera dopo ritrovò anche la seconda scarpa, quella sinistra, nello stesso posto dove aveva ritrovato la scarpa destra, mentre i colleghi ridevano a crepapelle. In viso divenne tutto rosso dalla vergogna.

Il nonno Pin, che in fondo era un buon uomo, aveva voluto dargli una lezione esemplare, che funzionò ed ebbe i suoi effetti. Si racconta infatti che da allora il nonno Pin non ebbe più bisogno di chiudere dell’orto neanche il cancello, non gli fu rubato più niente, neanche un filo d’erba. Qualche volta, portava della deliziosa frutta agli operai durante la loro pausa: una mela, qualche fico, un grappolo d’uva, tutto quello che il piccolo orticello poteva offrire, anche se piccolo

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