Marco il ripetitore
Slavko Zupcic
Slavko Zupcic (Venezuela, 1970). Medico e scrittore. Ha pubblicato Dragi Sol (1989), Vinko Spolovtiva, quién te mato? (1990), 583104: pizzas pizzas pizzas (1995), Barbie (1995) y Canaglie (2001). Finalista del Premio Herralde convocato dalla casa editrice spagnola Anagrama nel 2001. Attualmente vive a Salerno da dove collabora con la rivista spagnola Lateral ed il giornale venezuelano El Nacional .
Quella sera, Marco ed io siamo andati a giocare dietro la Cappella.
Non mi ricordavo del tempo passato da quando Marco era apparso davanti ai miei occhi. Una settimana, venti giorni. Solo sapevo che un pomeriggio avevo sentito dalla sua voce le uniche parole che poteva dire da solo:
“Ciao, sono Marco il ripetitore.
Sin da quel momento siamo diventati amici. Non era importante né che lui fosse sfuggito da poco dal Regno dei Ripetitori né che lui fosse molto piu piccolo di me. Andavamo insieme dapperttutto e, nonostante io fossi l’unica persona che poteva vederlo, cercavamo di parlare con le signore dei negozi.
“Buon giorno. Come va, zia Carmelina? “io le chiedevo alla nonna di Rosetta.
Marco il ripetitore continuava:
“Come va, zia Carmelina?
Gli occhi di Marco erano neri ed i suoi capelli bianchi.
“Come va, zia Carmelina?
Lui era alto appena trenta centimetri, ma poteva rompere un bicchiere con la forza della sua voce.
“Come va, zia Carmelina?
Continuava cosi fino a quando i miei occhi le indicavano che doveva restare zitto perché, se non lo faceva, la signora Amalia avrebbe detto a tutti che io ero ventriloquo.
Quel giorno dietro la Cappella, siccome avevo colpito il ginocchio sinistro con un albero, dissi che mi faceva male il ginocchio. Quelle parole furono sufficienti perché Marco cominciasse a ripetere per il cammino.
“Mi fa male il ginocchio.
“Mi fa male il ginocchio.
“Mi fa male il ginocchio.
Anch’io lo ripetevo con lui. Cosi, io giocavo a fare una ripetitrice e Marco compiva il devere di tutti gli esseri natti nel Regno dei Ripetitori: ripetere, ripetere e ripetere cualque cosa tutti i giorni.
Ero cosi concentrato nella ripetizione che senza sapere come mi sono trovato insieme a Marco, entrambi persi nella montagna dietro la Capella.
Volevo piangere ma Marco cominciò a ripetere e ripetere qualcosa e così io ero costretto a ripetere insieme a lui.
Abbiamo fatto chiasso, forse troppo, perché subito siamo stati circondati da animali di tutte le specie che “sembrava” ci guardavano male perché li avevamo svegliati.
Uno di loro disse:
“Se siete capaci di fare tanto chiasso, perché non andate da 39 e lo guarite?
Mi sono sorpreso: come aveva potuto il rospo vedere Marco se lui era diventato invisibile? E non c’era dubbio che lo aveva visto perché aveva detto “siete” e questa è una parola che solo si usa per parlare di due o più persone. Inoltre, chi era 39?
“Oggi 39 si è svegliato sordo e perciò il mondo ha la testa nei piedi. Ogni volta che un numero si sveglia sordo la testa del mondo scende verso i piedi.
“Ma chi ha detto che il mondo ha la testa nei piedi? “chiesi a tutti mentre indicavo a Marco di estare zitto.
Marco non mi vide e cominciò a ripetere.
” Ma chi ha detto che il mondo ha la testa nei piedi?
” Ma chi ha detto che il mondo ha la testa nei piedi?
” Ma chi ha detto che il mondo ha la testa nei piedi?
Nonostante il rumore io sentii quello che tutti dicevano:
“Vero che il mondo oggi ha la testa nei piedi.
“Se no, perché possiamo parlare?
“Perché non c’è sole?
“Perché ti hanno fatto giocare dietro la Cappella?
“Perché possiamo vedere Marco?
“Perché sappiamo i vostri nomi?
“Perché tutto?
Un’altra volta fu necessario richiedere silenzio. Poi domandai che ci indicabero il cammino per arrivare da 39.
Ce lo hanno detto. 39 viveva nella parte più alta della montagna. Salutammo e cominciammo a salire. Infatti, un po prima della vetta c’era una scala lunghissima di pietre argentate e poi una casa molto vecchia con un manifesto sul portone: “CASA DI 39”.
Camminavamo sulla punta dei piedi per non svegliare i canni. Aprimmo la porta ed entrammo. Nel salone, un signore molto alto credette che Marco ed io eravamo camerieri:
“Ciao. Gi-gi-gi-gi. Io sono 75. Potete portarmi quattro limoni ed un bicchiere di miele che voglio continuare cantando?
Due camerieri entrarono, 75 ripetè lo stesso ordine e Marco ed io uscimmo e cominciammo a camminare in mezzo a un corridoio lunghisimo.
La prima porta era del bagno. Non era occupato ma, miracolo, io non volevo fare pipi. La seconda sembrava della cucina. Passammo e trovammo un anziano molto simile a Marco che si presentò come il Re dei Ripetitori.
“Ciao, io sono il Re dei Ripetitori.
“Dei ripetitori? “chiesi con paura.
“Dei ripetitori? Dei ripetitori? Dei ripetitori? Dei ripetitori? Gi-gi-gi-gi-gi. Si, io sono il Re dei Ripetitori. Mica tu sei Marco?
Subito sono intervenuto in sua difesa.
“Si, lui è Marco. Sucede che…
“Non c’è problema. Non c’è problema. Non c’è problema. Non c’è problema. Così ci aiutate. Ci aiutate. Ci aiutate. Ci aiutate. Adesso dovete uscire. Uscire. Uscire. Uscire. Vi coricate e buona notte. A domani. Domani. Domani. Domani. Domani.
Mentre uscivamo, Marco mi spiegò che il suo Re era l’unico ripetitore capace di dire certe cose da solo. Gli altri solo potevano a malapena salutare.
Nella altra stanza, un cinese suonava tre o quattro tamburi simultaneamente. Siccome faceva tanto chiasso, fu impossibile parlarle.
Uscimmo un’altra volta. Nel corridoio, un cameriere ci disse che dovevamo dormire nelle stanze de in fondo.
“Ricordate che domani dobbiamo stappare le orecchie di 39.
Prima di coricarci ripetemmo un poco per prenderlo in giro:
“Ricordate che domani dobbiamo stappare le orecchie di 39.
“Ricordate che domani dobbiamo stappare le orecchie di 39.
“Ricordate che domani dobbiamo stappare le orecchie di 39.
“Di 39. Di 39. Di 39.
Il giorno seguente, ci svegliarono i passi dei camerieri. Uno di loro ci portò quattro arance. Dopo cominciò il lavoro.
Ci disponemmo tutti “75, il Re dei Ripetitori, il cinese dei tamburi, Marco ed io” intorno a un bambino grandissimo e facemmo chiasso per almeno sei ore.
75 cantava le sue canzoni, il Re dei Ripetitori ripeteva e ripeteva una preghiera in cui la prima parola aveva almeno venticinque sillabe e il cinese dei tamburi li suonò fino a romperli.
Marco ed io urlavamo il nostro saluto:
“Ciao. Siamo Marco e Giuliana.
“Ciao. Siamo Marco e Giuliana.
“Ciao. Siamo Marco e Giuliana.
“Ciao. Siamo Marco e Giuliana.
Quando tutti eravamo quasi morti per la stanchezza, 39 si svegliò e ci disse che era guarito. Siccome era cosi contento, decretò tre giorni di vacanza per tutti quanti.
“Tre giorni di vacanza.
“Tre giorni di vacanza.
“Tre giorni di vacanza.
“Tre giorni di vacanza.
Alla fine, mentre ci salutavamo, il Re dei Ripetitori promisse di perdonare Marco e di farmelo visitare ogni fine settimana. Mi disse l’indirizzo e Marco ed io ci salutammo con un abbraccio.