Meglio insieme che da soli
Annamaria Gatti
Pubblicato sul periodico “Città Nuova” numero 18/2007
Cello, il violoncello, aveva un’aria triste e forse arrabbiata.
Voleva andarsene via perché, quando suonava, la sua voce si diffondeva così armoniosa che aveva pensato: sono tanto bravo da solo, non ho bisogno della mia famiglia.
La sua famiglia era un quartetto famoso in tutto il paese. Era composto da Lino il violino, dal trillo incantevole, Viola la viola, dal suono vibrante e misterioso e Asso, il contrabbasso dal vocione profondo e possente.
“Ma cosa si è messo in testa Cello?” chiese Viola.
“Dice che suonerà sempre da solo, che non ha bisogno di noi!” le rispose Asso.
“Oh, non è possibile!” esclamò Lino trillando un la minore di uno stupore triste.
Cello se ne andò e un raggio di sole forando curioso una nuvola grigia lo sorprese:
“Cosa fai, Cello?”
“Vedi? Suono da solo!”
Le note si rincorrevano nel cielo allegre o tenere, poi sempre più rotte.
Il sole tornò ad accarezzare Cello che suonava una cosetta malinconica e sottile:
“Uh, che musica triste!”
“Sono stanco di stare da solo: suono, suono, ma la mia musica sembra si spezzi…” sospirò Cello, con una grande nostalgia nelle corde.
Il sole balenò di soddisfazione e Cello si mise in viaggio: era un viaggio di ritorno.
“Dove sono andati i miei amici?” chiese appena entrato in paese.
“Erano qui pochi giorni fa” spiegò il maestro di musica da camera, “poi sono partiti per cercarti…”
“Perché?”
“Perché senza di te non riuscivano più a trovare l’armonia: i concerti facevano pena, senza il tuo canto da tenore!”
Cello rimase senza note e anche il fiato gli mancò.
Poi si scosse e riprese la sua ricerca, cantando:
“Lino dove sei? Asso, Viola dove siete?”
Ma nessuno rispondeva e intanto era scesa la notte.
Nel buio Cello continuava a chiamare i suoi amici, finché un’armonia dolce e anche un po’ triste lo colpì e sentì vibrare tutte le corde.
Riconobbe le voci degli amici e anche il suo concertino preferito. Mancava proprio la voce del violoncello.
Asciugatosi una lacrima sulla cassa panciuta, prese ad accompagnare i suoi amici da lontano. Sapeva che lo avrebbero sentito e nel buio luccicavano non solo le corde e gli archetti. Ma anche i cuori degli strumenti. Si ritrovarono, commossi tutti e quattro, sulla spianata del parco.
Impossibile suonare un concerto da soli.
Impossibile vivere in armonia pensando solo a se stessi.
“Siamo fatti per fare l’unità, in famiglia” esclamarono Cello e i suoi tre amici.
In tanti si erano radunati lì per ascoltarli e tutti applaudirono all’unità.
Anche tu hai fatto un’esperienza come quella di Cello?
Vuoi raccontarcela? Coraggio…