Mi dicon monelluccia
Se vi piace questa filastrocca ringraziate Luciana. Raccontata a memoria dalla sua mamma che è nata nel 1912 non sa se a sua volta l'aveva sentita dalla sua mamma o imparatata a scuola. (28 febbraio 2008).
Leggiamo insieme: Mi dicon monelluccia
Mi dicon monelluccia, cattivella, sgarbata,
invece aimè non son che sfortunata!
Tutto si mette male, tutto mi va al contrario:
disgrazie d’ogni sorta son sul mio calendario.
“Via” dice la mamma, “fai per bene il dovere
che ti porto a passeggio!”. Io esulto di piacere.
Mi siedo a tavolino, con impegno e con voglia,
scrivo pensosa e attenta che è una meraviglia.
Poi presento alla mamma la scritta paginetta
ben felice e sicura del premio che mi aspetta.
Ma che mi canzonate!!! Un diluvio di errori,
strafalcioni dei più grossi, ad un tratto saltan fuori.
Vi si legge che l’asino l’ho messo in una stella
e mille stalle brillano in una notte bella.
Invece di un cavolo è cresciuto nell’orto
un cavallo verdissimo. Cose da restar morti!!!
“Ricopia tutto!” Mi ordina la mamma disgustata,
“poi a letto digiuna, altro che passeggiata!!!”.
Un giorno mi vestirono con un abito elegante,
candido più che neve, nuovo e brillante.
Io me ne andavo col babbo tutta raggiante in viso,
la gente mi guardava col più lieto sorriso.
Ma ecco un soffio di vento, brusco e dispettoso,
mi prende il cappellino e lo butta nel terreno fangoso.
Io mi stacco dal babbo e stendo la manina per prenderlo,
ma una folata di vento me lo porta lontano.
Io corro, corro, incespico e cado nel pantano.
Addio vestito candido. Oh disgraziata me!!!
Torno a casa piccina, piccina…
Monta in furia la mamma, ella più non ragiona:
“Ti vestirò di balla!” Grida: “Strafalciona!”.
Un giorno mi dice la mamma:
“Guarda che l’uccellino ha vuoto il beccatoio!
Ha vuoto il beverino, dagli il panico e l’acqua!”
Io non me lo fo ridire ed apro lo sportello.
Non l’avessi mai fatto… Se ne fugge l’uccello
per il vasto salone, ora in alto, ora in basso alfin si posa
su un vaso color di rosa.
Io per prenderlo, metto la mano in fallo,
rovescio quel vaso e un altro di cristallo.
La mamma al di fuori a quel po’, po’ di chiasso,
spalanca la porta e l’uccellino
vola nel cielo azzurrino.
Per quel giorno mi chiusero in cantina
a pane e acqua, con la botte vicina.
Pensai di baloccarmi e lo zipolo girai,
il vino a ondate usciva e invano
con la mano serravo e gridavo, gridavo.
Tutti di casa accorsero e il mio destino fu scritto!
Da quel giorno mi chiusero in un collegio convitto.
Mi dicon monelluccia cattivella e sgarbata, invece ahimé son proprio sfortunata. Tutto si mette a male tutto mi va al contrario disgrazie d’ogni fatta c è sul mio calendario.
“Gina” dice la mamma “fai bene il tuo dovere ti condurrò a passeggio”
io salto dal piacere, mi metto a tavolino e con senno e consiglio scrivo pensosa e attenta che è una meraviglia. Presento alla mamma la scritta paginetta già sicura e felice del premio che mi spetta. Macché mi canzonate? Un diluvio di errori e strafalcioni saltano a un tratto fuori. Mi si legge che un asino si mise in una stella e che mille stalle brillano in una notte bella e che invece di un cavolo è cresciuto nell’orto un cavallo verdissimo. cosa da restar morti.
Ricopio tutto in ordine, la mamma disgustata se ne va a letto, altro che passeggiata!!!
Un giorno mi vestiirono con abito elegante più candido di neve, più nuovo di brillante. Me ne andavo col babbo tutta raggiante in viso, la gente mi guardava col suo più lieto sorriso.
Ma ad un tratto un soffio di vento dispettoso mi getta il berrettino nel terreno melmoso. Io stendo la manina per pigliarlo ma una folata rapida me lo porta lontano lontano. Mi stacco dal babbo incespo e cado in un pantano. Addio candido vestitino ahi disgraziata Gina, ritorno a casa tremante e piccina piccina. La mamma più non ragiona. “Ti vestiro’ di sacco bimba sudiciona”. Come se la disgrazia non fosse a me toccata per la via di sdruccioli, per la via infangata.
Un giorno dice la mamma “Gina il canarino ha vuoto il beccatoio, ha vuoto il beverino, dagli il panin con l’acqua”. Io non me lo fo ridire e tutta lieta mi affretto ad obbedire. Mal pratica apro lo sportello e non l’avessi mai fatto non se ne vola l’uccello! Svolazza, svolazza nell’ampio stanzone ed io a correre dietro a quel birbone. Egli al fin si posa sopra un pila color di rosa. A quel popo’ di chiasso la mamma si affretta a salire e spalancata la porta l’uccellino si appresta a fuggire.
Quel giorno a pane ed acqua fui chiusa in cantina! Io piansi, piansi, poi con la botte vicina pensai di baloccarmi. La zipola della botte girai, il vino usciva a ondate. Tutta la casa accorse e il mio destino fu scritto. Ecco perché mi trovo in collegio ed in convitto.