Morte di un razzista dittatore
Vitaliano Vagnini
Fra tutte le errate forme di dominio,
La Dittatura è un tragico abominio.
Nell’ignoranza l’uomo acclama la sua ascesa,
Poi, vedendola agire, non vuol pagar la spesa.
E piangendo dice contro quel Seggio:
“Si stava meglio, quando si stava peggio…
Il prezzo è troppo caro, è stato un grand’errore,
Rifiutar l’altro governo per questo Dittatore”
Sappi che quel governo non è per un quinquennio.
Scade alla sua morte, anche se non ne è degno.
Ma or che è morto, impara la lezione.
Ascolta e medita su questa locuzione.
La scrivo a te, ma al Dittator è dedicata.
Tu leggila più volte finché non l’hai imparata:
“Nell’orbita profonda e vuota dei suoi Occhi,
Spento è il “Voler che a Lui”, il popol s’inginocchi.
Non osteggia più il libero pensiero e il parer mio,
Ora che è morto, chissà se capirà che non è Dio?
Chi non s’inchinava a Lui, non fu gente gradita.
Così gli tolse libertà e a volte anche la Vita.
Col “culto della razza” fece distinzione,
Sul color della pelle: se bianca o pur marrone,
Ma or, che è ridotto all’osso; a chi darà più onore…
Visto che tutti i teschi sono di un unico Colore?
Ora che è cambiato il profilo del Suo viso
E a tutti sfoggia quel muto Suo sorriso…
Scaduto è il tempo che, dal Suo labbro preminente,
Gonfiando il petto, parlava, facendo il prepotente.
Sol per due cose il Dittatore non è cambiato,
Ora che dalla vita alla morte egli è passato
Guardando il nudo scheletro, sul qual la carne Muore,
Rimane ancora, senza Cervello e senza Cuore.
Chissà se il Suo successore impara la lezione…
Di portar Giustizia e Gioia alla sua generazione!
Gridagli forte e chiara la muta tua testimonianza:
Che non solo nella morte si raggiunge l’uguaglianza.
Per altre poesie e testi sul Giorno della Memoria, cliccate qui!