Paffi e il suo cuore

Questa fiaba è stata scritta da Mariagrazia. (20 ottobre 2008).

Moltissimo tempo fa, in una abitazione ai margini del bosco, viveva la piccola Paffi, bimba robusta e piccolina, dal cuore grande grande. Era una bambina molto generosa, per lei il bene degli altri aveva sempre la precedenza sui propri interessi e non riusciva a capire come potessero esistere individui pronti a desiderare il male degli altri.
Nel suo animo non esistevano sentimenti come l’invidia o la gelosia e sconosciuto le era qualsiasi desiderio di primeggiare o di offendere chiunque: al contrario, era sempre ben felice se poteva essere d’aiuto ai suoi amici e gioiva per le loro gioie, ed era triste per i loro insuccessi.
Paffi era molto intelligente e bravissima a scuola e la maestra non perdeva occasione per lodare la sua buona volontà e diligenza, e soprattutto il suo carattere docile e buono, indicandola ai compagni come un esempio da seguire.
Paffi, dicevamo, era altruista: appena poteva correva a dare una mano a chiunque avesse bisogno, nella contrada la amavano e rispettavano tutti, perfino gli animaletti del bosco le volevano sinceramente bene, affetto prontamente ricambiato dalla piccola.
Spesso si arrestava a dialogare con i maestosi alberi che abitavano la radura: all’ombra delle querce, dei faggi, dei pini e degli abeti Paffi sentiva di essere veramente se stessa e di non poter desiderare di più, ma
la casetta di Paffi era molto misera: piccolissima e modesta, la abitava con il suo amato cagnolino, Terremoto, che amava più di se stessa. Alle pareti non c’erano quadri, ma disegni realizzati da Paffi, i soffitti erano privi di lampade, al loro posto luminosi raggi di sole che lei raccoglieva al tramonto e utilizzava per dar luce all’abitazione, in sostituzione alle finestre Paffi aveva disposto lunghe file di rametti tenuti insieme da un abile lavoro di cucitura cosi che la riparassero dal caldo dell’estate e dai rigori dell’inverno.
I letti erano costruiti con la paglia, le sedie ricavate dagli avanzi di matita che Paffi sapeva lavorare fino a farli diventare assi per sedere, al posto dei rubinetti ampi secchi d’acqua trasportata ogni mattina dal vicino ruscello.
Gli abiti di Paffi erano miseri almeno quanto la sua abitazione: non possedeva i bei vestiti colorati o le linde scarpine di seta tutte nastri e paillettes che adornavano i corpi delle sue amiche: lei doveva accontentarsi di cenci e stracci, di paglia colorata al posto delle gonne e di fango lasciato asciugare invece delle suole di scarpe.
Insomma, Paffi era molto povera, la più povera del paese ma questa sua condizione sembrava non interessare nessuno degli amici della bimba, che le volevano bene con tutto il cuore per la sua bontà e generosità.
Paffi invece soffriva moltissimo per la sua povertà, spesso inventava scuse per non andare alle festicciole delle amiche ed evitare così l’amarezza del confronto e della vergogna. Ormai la sua povertà era divenuta un’ossessione per lei e, nonostante il suo animo non avesse mai conosciuto l’invidia e la gelosia, in cuor suo cominciò a desiderare di divenire ricca, ricchissima.
Si sentiva talmente fuori posto per i suoi abiti dimessi, per la sua misera abitazione che la sera, di nascosto da sguardi indiscreti, si nascondeva nel bosco a piangere e ad invocare l’aiuto della sua cara nonna, morta poco dopo che anche i suoi genitori se ne erano andati.
Un giorno, sconsolata dopo l’ennesimo confronto a scuola con le amiche meglio vestite di lei, fu presa da un pianto talmente lungo e doloroso i cui singhiozzi la sospinsero in un punto del bosco che lei non aveva mai visto: e lì il suo pianto commosse tutta la radura, gli uccellini le si fecero incontro per darle consolazione, gli alberi spinsero i loro rametti per asciugarle le lacrime, i pini si piegarono per accarezzarla e perfino il sole fece capolino tra le nuvole per dare tepore a quella creatura indifesa.
Pianse talmente a lungo e in modo così incontrollato che, vinta dalla stanchezza e dall’abbattimento, si addormentò e nel sonno vide la sua nonna che cercava di consolare quel dolore senza fine. La nonna le chiede se può esserle d’aiuto e Paffi riesce solo a rispondere: “Nonna, tu mi manchi immensamente, io quaggiù sono sola, vorrei tanto essere lì con te, mi vergogno tanto per la mia povertà. Se potessi diventare una bambina ricca, con una casa meravigliosa, bei vestiti, lustrini, scarpe da far invidia a tutti e un carattere degno della mia nuova condizione”.
Dovete sapere che in punto di morte la nonna di Paffi promise alla nipote: “Sappi che di qualsiasi cosa tu avrai bisogno io ti sarò sempre vicina, chiedimi qualsiasi cosa e l’avrai!”
La nonna dall’alto dei cieli ascoltò la supplica di Paffi e appena la bimba si svegliò dei suoi abiti dimessi non c’era più traccia, la vestivano un lungo abito azzurro degno di una principessa, tra i capelli un nastro rosa, ai piedi scarpine zeppe di cristalli preziosi corse a casa e al posto della sua vecchia abitazione un castello con tanto di torri d’avorio, al suo interno saloni immensi con mobili antichi, quadri di pregio, tappeti di valore, oro e broccato ovunque, 8 bagni arredati con raffinatezza, 5 cucine con ogni specialità di cibi e bevande e ancora, una sala giochi con le migliori attrazioni per bambini, un enorme parco giochi con altalene, scivoli, un campo di calcio e uno di pallavolo. Paffi non poteva essere più felice, saltellava su e giù per la contrada, canterellava, faceva girotondi e sentiva che finalmente non le mancava più nulla.
Passò la notte senza dormire tanto era eccitata dagli avvenimenti di quella giornata e quando arrivò a scuola, la mattina seguente, i suoi compagni restarono a bocca aperta nel vedere quella ragazzina così riccamente abbigliata. Paffi si sentiva una vera regina ed era sicura che nessuno ormai le avrebbe negato il rispetto che desiderava.
Fu con enorme sorpresa che Paffi apprese che nessuno, ma proprio nessuno era in grado di riconoscerla, tutti si chiedevano chi fosse quella bella ragazza così ben vestita e si mostrarono incuriositi, molti presero ad invidiarla e si domandavano. “Chi sarà mai questa bimba che par una principessa?”
Nei giorni seguenti Paffi quasi non degnò di uno sguardo i suoi vecchi amici perchè ormai si considerava superiore a loro e non sembrava più importarle della loro compagnia e affetto.
Al suo ritorno a casa si accorse che anche il suo amato cagnolino stentò a riconoscerla e addirittura ritrasse le sue zampine quando lei gli si avvicinò per accarezzarlo e quando gli preparò la scodellina con il cibo da lui preferito questi si allontanò sconsolato perché era da sempre abituato ad accettare cibo solo dalla sua adorata Paffi, e proprio non riusciva a riconoscere la sua amata padroncina in quella bambina così diversa. Ben presto Terremoto si ammalò di tristezza e, a forza di rifiutare il cibo, divenne magro magro da non riuscire quasi più a camminare; riusciva solo a trascinarsi sulle sue zampine.
In un giorno di lampi e tuoni Terremoto, nel suo vagare senza meta, si spinse fino al limitare della foresta dove si imbatté in un
enorme leone dai denti affilati che aveva tutta l’aria di volerlo divorare: Terremoto, già abbattuto di per suo, si spaventò a tal punto che, nel cercar di sfuggire dalle grinfie del felino, si mise a correre all’impazzata e si ritrovò sull’orlo di un dirupo; Paffi,non si sa come, si trovò esattamente nel punto in cui Terremoto stava per cadere e gli si mette davanti urlando: “Terremoto, sono qua, aggrappati a me e ti salverai”. Ma Terremoto non sa riconoscere la sua padroncina tutta agghindata com’è nei suoi fastosi abiti e si lascia cadere nel dirupo. Paffi, per la disperazione, si mette ad urlare con tutta la forza che ha in sé e a quel punto fu come se il tempo si fermasse e tutto intorno divenne immobile, il leone non si muoveva più, i fiori colorati divennero pietre e Terremoto rimase in bilico a mezz’aria tra il cielo e la terra. In quello stesso istante Paffi scorse tra le nuvole il volto dell’amata nonna che le parlò dolcemente: “Paffi, so che stai soffrendo per il tuo amato cagnolino, io ti sono venuta in aiuto fermando il tempo così che Terremoto sia per il momento salvo, ma il tempo riprenderà a scorrere normalmente al calar del sole: tu in questo arco di tempo dovrai dimostrare di credere ancora nel valore dell’amicizia e dell’umiltà e dovrai per questo compiere tre atti di bontà lungo il percorso da qui a casa. La vita di Terremoto è nelle tue mani!”
Paffi non se lo fa ripetere due volte e, presa la direzione di casa scorge un fiore tutto piegato su se stesso, quasi morente e privo di colore che le sussurra: “Aiutami, sono tutto secco, una tempesta mi ha ridotto in fin di vita, non potresti portarmi un po’ di acqua così che possa rialzare il capo?” Paffi fu felice di trasportare un po’ di acqua dal vicino ruscello, che depose in foglie secche per rendere il compito meno pesante. Il fiore riprese presto il perduto colore e gambo e stelo si fecero ritti quasi a sfiorare il cielo.
Ripresa la marcia, Paffi si ritrova immersa in una fitta nebbia dove a malapena ode il richiamo di una tartarughina che, nelle pieghe dei rami dell’albero su cui è posata, a fatica compie il suo faticoso cammino alla ricerca di un luogo per la notte: “Se non ti è di disturbo, bimba bella, mi daresti una spintarella su su in cima a quest’abete che io possa godere di un po’ di riparo per la notte?” Chiede la tartaruga alla bambina. Paffi con mano pronta sospinge la tartarughina in un luogo isolato e protetto e regala così alla creaturina una nottata al riparo dal vento e dai malintenzionati che la notte popolano i boschi. Uno sguardo fugace sulla linea dell’orizzonte annuncia alla bimba il sopraggiungere della sera e Paffi sa che, a tempo scaduto, per Terremoto non ci sarà più speranza. Tre minuti, due, uno, Paffi urla con tutta la forza che ha in sé: “Terremoto, perdonami, è stata colpa mia se tu ora ti trovi in questa situazione, io e la mia mania di diventare ricca! Se fossi rimasta la tua Paffi questo non sarebbe successo! Non m’importa di essere ricca se per questo devo rinunciare ai miei amici e a te!” Al pronunciare queste parole Paffi si sente avvolta da un vortice che le spazza via i suoi abiti lussuosi, via l’abitino lungo, le scarpe preziose, le collanine ed ecco ricomparire il vecchio abbigliamento di sempre, scarpe scucite, grembiulino corto, ciabatte rattoppate. In un lampo è trasportata presso il dirupo con Terremoto a mezz’aria e con il tempo che ha ripreso la sua corsa, il cane ora riconosce la sua Paffi e accetta il suo aiuto. Il cagnolino è salvo, il cuore rinnovato della piccola ha fatto il miracolo e la nonna nei Cieli gioca a rincorrere le nuvole; sotto, nel bosco, gli animaletti disposti in girotondo cantano e danzano la loro gioia per la ritrovata famiglia.

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