Peperoncino

peperoncino

C’era una volta un bambino che viveva ancora nel tempo in cui c’erano le fate. Il piccolo si chiamava Peperoncino, aveva i capelli rossicci e gli occhi verdi, i suoi colori preferiti erano appunto il rosso e il verde. Ma il piccolo aveva un brutto vizio: voleva mangiare solo i cibi piccanti.
Il papà Giorgio e la mamma Silvia erano disperati: “Basta, se continui a mangiare aceto, pepe, senape, sottaceti, chiodi di garofano e spezie finirai molto male!”
Ma niente, Peperoncino non ascoltava nessuno, nemmeno i suoi genitori.
Un giorno Giorgio e Silvia dovettero partire per un viaggio e lasciarono Peperoncino alla nonna Sonia.
Sonia diede al nipotino biscotti e cioccolato, ma era inutile: “Pfiu, che schifezza. No, nonna non mi piacciono”.
“Bevi almeno il succo di frutta”.
“No, no e no!” Prendeva così la bottiglia dell’aceto e si metteva a bere dalla bottiglia.
“Non può finir bene, non puoi fare così, ti fa male, lo capisci?”
Peperoncino non ascoltava nemmeno la nonna, continuava a mangiare paprica, capperi e chiodi di garofano.
Dopo alcuni giorni, però, gli venne la febbre, il mal di pancia e la lingua divenne rossa come il vestito di Babbo Natale, e gli bruciava tutta la bocca come se dovesse andare a fuoco.
La nonna Sonia gli diede chili e chili di zucchero e cioccolato. Ma la lingua era rossa e bruciava.
Allora chiamò il medico, che diede a Peperoncino ogni sorta di sciroppo e di pastiglie. Ma la lingua continuava ad essere rossa e a bruciare come il fuoco.
Sonia era disperata, come si poteva fare? Si ricordò della fata Carla, abitava nel bosco, nel tronco di un albero alto alto.
“Fata Carla, o fatina, aiutami tu con il mio nipotino!”
Sentita la storia la fata andò da Peperoncino.
“Che lingua! E’ un brutto guaio bambino mio, dovrò darti una lingua nuova, ma prima mi devi promettere che mangerai tutto: pasta, verdure, carne e biscotti, cose dolci e amare, salate e piccanti”.
Peperoncino promise e tac! Con un gesto della bacchetta magica la fata Carla gli diede una lingua rosa e morbida, nuova di zecca.
Il bambino prese la sua vecchia lingua, la mise in una scatola e la seppellì in giardino.
Il mese dopo, proprio in quel punto del giardino, spuntarono delle strane piante, tutte verdi con dei coni rossi e lucidi. Questi coni erano piccanti come il fuoco, erano peggio del pepe e furono chiamati proprio peperoncini perché ricordavano la lingua del nostro birichino. E si chiamano così ancora oggi!

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