Pipino e l’isola che non c’è più

Andrea Musso

Pipino è in barca con tutti i suoi amici e comincia a raccontare.
Sulla barca c’è anche Pilù, il suo cane
“Qui, dove siamo adesso, un giorno c’era un’isola”.
Tutti lo guardano stupiti: “Ma cosa sta dicendo? è impazzito?”.
Ma Pipino continua a raccontare:
“Sí proprio in questo punto a trentatre miglia dal faro, cento anni fa, c’era proprio un’isola.
La storia andò cosí…
Una mattina di cento anni fa, all’alba il capitano Testarossa dei conti di Lampidoro, famoso ed esperto navigatore, sulla sua nave “Goletta d’oro”, all’improvviso vede centinaia di bolle che salgono dal profondo del mare.
Poi compare una nuvola di fumo bianco, poi una fiammata alta cento metri verso il cielo blu.
I marinai della “Golettad’oro” scappano.
Chi di qua chi di là; solo il capitano rimane sul ponte della nave.
In questo modo è l’unico testimone e spettatore della nascita di un’isola vulcano. Sí proprio di un vulcano si trattava, di un vulcano spuntato dal profondo del mare.
Non si può dire che fosse una bella isola: era a forma di cono con le ripide pareti nere che si inabissavano nel mare; era parecchio brulla; ed, essendo appena nata, non ci abitava proprio nessuno: nemmeno un ragno o una mosca o qualsiasi altro essere vivente.
Ma tant’è dal preciso momento in cui era nata tutti i potenti del mondo di allora : i re di Francia, di Spagna, di Portogallo e di Inghilterra, oltre ai conti, governatori, signori di paesi vicini e lontani che si cominciano a contendersi la nuova isola.
Sull’isola cominciano a spuntare bandiere di tutti i colori .
E tra di loro cominciarono a farsi l a guerra.
I primi veri abitanti dell’isola sono due o tre gabbiani; due cicogne rosa, due foche monache, centinaia di pesci che cominciano a popolare i suoi fondali neri come la pece.
In seguito due capre portate da chissà chi.
Poi all’improvviso una mattina l’isola scompare.
Il capitano Testarossa dei conti di Lampidoro che andava a controllare se le capre stavano bene non trova più l’isola.
Nascono i racconti più diversi. C’é chi giura di aver visto la flotta del re di Francia che aveva rubato l’isola tirandola con delle enormi funi e l’aveva portata chissà dove.
C’é chi giura, invece, che una enorme mongolfiera era arrivata dal cielo e aveva agganciato l’isola portandosela via.
Forse erano i sultani di Visagiù.
C’é chi giura di aver visto i soldati del conte di Calacté che la facevano scoppiare con tonnellate di dinamite.
A sapere come era veramente andata a finire c’era soltanto un pescatore, il mio trisnonno Ristolfo – dice Pipino – che quella mattina, ancora prima del capitano Testarossa era uscito con la sua barchetta per la pesca delle aragoste e aveva visto che l’isola lentamente come una nave che affonda lentamente si stava inabissando nel profondo del mare.
Ed era stato lui, così, a salvare le due capre che in un battibaleno si erano trovate con l’acqua alla gola e impaurite avevano cominciato a belare.
Nessuno voleva credere al mio trisnonno.
Soltanto quando fece vedere le due capre e le cento bandiere che aveva raccolto in acqua tutti gli credettero.
Da quel giorno l’isola che non c’era più fu chiamata isola Ristolfa e il suo mare Ristolfino.
Non vi sto a dire come ci rimasero male tutti i re, i principi , i conti, ecc. ecc. che da un giorno all’altro rimasero senza il loro gioco preferito: giocare alla guerra.
I bambini dalla barca di Pipino cominciano a guardare verso il fondo del mare per cercare di vedere cosa è rimasto di quell’isola.
Ancora oggi si può vedere laggiù in fondo al mare la cima rocciosa a forma di cono di quello che fu il più breve e più piccolo vulcano del mondo.

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