Pollicino

Pollicino

C’era una volta il contadino Pietro che se ne stava seduto accanto al focolare mentre la moglie Flavia filava. Erano tristi perché non avevano figli: se ne avessero avuto uno anche piccolissimo, non più grande di un pollice, sarebbero stati già contenti e gli avrebbero voluto un gran bene.

Improvvisamente la donna incominciò a star male, e dopo sette mesi, diede alla luce un bambino, perfettamente formato, ma non più grande di un pollice. Allora essi dissero: “E’ proprio come lo abbiamo desiderato, e sarà il nostro caro figlioletto” e lo chiamarono Camillo. Ma era così piccolo che ben presto tutti si misero a chiamarlo Pollicino.

Pollicino mangiava tanto, ma non cresceva e rimase com’era al momento della nascita. Il bambino aveva uno sguardo intelligente e si mostrò ben presto attento e giudizioso e riusciva in tutto quello che intraprendeva.

Un giorno il contadino Pietro si preparava ad andare nel bosco a tagliar legna, e mormorò: “Se ci fosse qualcuno che venisse a prendermi con il carro!”. E Pollicino disse che voleva farlo lui e che il carro sarebbe stato nel bosco all’ora giusta, ma il padre disse: “Com’è possibile? Sei troppo piccolo per guidare un cavallo con le redini”. “Non fa niente, se la mamma vuole attaccarlo, mi metterò nell’orecchio del cavallo e gli suggerirò dove deve andare”. E così provarono per una volta. Quando giunse l’ora, la madre Flavia attaccò il cavallo e mise Pollicino nel suo orecchio e il piccolo gli gridava dove andare.

Andò tutto bene come se ci fosse stato un cocchiere, e il carro se ne andava dritto verso il bosco. Ma due forestieri che passavano di lì si accorsero che c’era qualcosa di strano e seguirono il carro. Intanto quello andò dritto nel bosco dove spaccavano la legna.

Quando Pollicino scorse suo padre, gridò: “Hai visto, babbo, eccomi qui con il carro, adesso mettimi giù”. Pietro afferrò il cavallo con la sinistra, e con la destra tirò giù dall’orecchio il suo figlioletto, che tutto allegro si mise a sedere su di un fuscello di paglia. Quando i due forestieri videro Pollicino, ammutolirono dallo stupore. L’uno prese l’altro in disparte e disse che se l’avessero comprato avrebbero potuto guadagnar soldi facendolo vedere a pagamento in una grande città. Si avvicinarono al contadino per comprare Pollicino, ma il padre rifiutò. Pollicino, però, udito l’affare, gli si arrampicò su per le pieghe del vestito, si mise sulla sua spalla e gli sussurrò all’orecchio: “Babbo, vendimi pure, tanto ritornerò da te”.

Allora il padre lo diede a quei due per una bella moneta d’oro e se lo portarono via sulla tesa del cappello. Camminarono fino all’imbrunire poi Pollicino si fece metter giù nell’erba, si addentrò un poco fra le zolle qua e là, poi s’infilò in una tana di topo che aveva addocchiato e gridò ai forestieri: “Buona sera, signori, andatevene pure senza di me!”. Quelli corsero e frugarono la tana con i bastoni, ma era fatica sprecata: Pollicino strisciava sempre più giù, e siccome presto fu notte fonda, dovettero andarsene pieni di rabbia e con la borsa vuota.

Quando Pollicino si accorse che se ne erano andati, uscì dalla tana e s’imbatté in un guscio di lumaca e pensò di entrare per stare al sicuro finché era buio. Mentre stava per addormentarsi, sentì passare due uomini, uno dei quali diceva: “Come faremo a rubare l’oro e l’argento del ricco parroco?”. “Potrei dirvelo io”, gridò subito Pollicino. I ladri si spaventarono e si fermarono in ascolto e Pollicino tornò a dire: “Prendetemi con voi, vi aiuterò”. Finalmente i ladri lo trovarono, ma come poteva aiutarli un omino come lui? Egli rispose che si sarebbe infilato nell’inferriata della camera del Parroco e gli avrebbe portato quello che volevano.

Quando arrivarono, Pollicino si introdusse nella camera, ma gridò a squarciagola per farsi sentire; la cuoca che dormiva nella stanza accanto si rizzò a sedere sul letto in ascolto, ma i ladri erano già scappati. Quando ripresero coraggio, tornarono perché non volevano farsi prendere in giro; di nuovo Pollicino gridò più forte che poté, così la cuoca arrivò facendo scappare i ladri. Ma siccome era buio, andò ad accendere un lume: Pollicino si buttò nel fienile e si addormentò. La mattina dopo, il fieno era stato portato alla mucca e Pollicino di svegliò proprio nella sua bocca e dovette lasciarsi scivolare nello stomaco per non venir masticato. Voleva uscire da lì, ma non riusciva.

Nel frattempo la mucca venne macellata, ma lui era nello stomaco, che venne gettato nel letamaio ed un lupo affamato se l’ingoiò intero insieme a Pollicino!

Il bambino non sapeva più come fare, così pensò di parlare al lupo: gli disse che in casa di suo padre c’era ogni ben di Dio e lui non se lo fece ripetere due volte, ma quando arrivò alla casa del contadino Pietro, Pollicino cominciò a strillare a più non posso, così i suoi genitori si svegliarono e sorpresero il lupo. Pollicino avvertì che era nel suo stomaco, così diedero un gran colpo sulla testa dell’animale e recuperarono il loro bambino.

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