Re Tuono

re tuono

C’era una volta un re che aveva un vocione così grosso e forte che poteva essere udito a chilometri e chilometri di distanza. Quando parlava, pareva che tuonasse, perciò lo chiamavano Re Tuono. In realtà si chiamava Emanuele. I ministri e le persone di corte, dovendo parlare con il re tutti i giorni, diventavano sordi in poco tempo. Anche i sudditi evitavano di parlare con lui.

Ma come difendersi da quel tono di voce? Come potevano dire a Emanuele che era lui che faceva assordare la gente? Anche perché il re non si rendeva minimamente conto di avere una voce così forte. Così s’inventarono tutti di essere ammalati di orecchioni. Emanuele però pensava: “Possibile che nel mio regno siano tutti ammalati?”.

Un giorno si presentò un contadino, Giacomo, per parlare con il re.
“Beh, perché hai i tappi negli orecchi?”
“Maestà soffro di orecchioni”.
Ma il re non era convinto: “Dimmi la verità o ti faccio tagliare la testa!”
“Siete voi con il vostro vocione a far assordare la gente: pensate che vi chiamano re Tuono!”.

Povero Emanuele! Fu una brutta sorpresa, ma, almeno, sapendo la verità, avrebbe potuto correggersi.
Provò a parlare a bassa voce, ma il contadino, che per la sua sincerità era stato nominato ministro preferito del re, gli disse: “Sua maestà, purtroppo non serve a nulla. Per me c’è sotto una magia, chiamiamo a corte un mago!”

Così, il giorno dopo, arrivò a corte il mago Alessandro, che dopo aver studiato lo strano caso sentenziò: “Mmm, certo, certo è tutto chiaro. Dipende da un capello, un solo capello che avete in testa. Basterà strapparlo e la vostra voce tornerà normale, ma bisognerà strappare il capello giusto al primo tentativo, altrimenti non ci sarà più nulla da fare”.

“Come fare allora?”, chiese preoccupato il re.
“Dovete cercare la principessa Martina, detta anche la principessa senza lingua. Solo lei potrà trovare il capello magico”.
Il re Emanuele mandò Giacomo a cercare la principessa, ma cerca di qua e cerca di là, fu tutto inutile.

Il re era sempre più triste, finché un giorno, nel cortile del castello, sentì una voce: “Pastiglie, pastiglie per la gola, chi ha voce la perderà e a chi non ne ha, tornerà!”
Era un venditore ambulante. Il re si precipitò in cortile, pensava si trattasse di una presa in giro: “Cosa fai, ti fai beffe di me?”
“No maestà, provate le mie pastiglie”.
Il re Emanuele ne prese una e… come per magia ,la sua voce divenne più debole, ne mangiò un’altra, un’altra, un’altra e ancora un’altra… la sua voce adesso era un sussurro, quasi non si riusciva ad udire.

“Ti ringrazio, mi hai salvato dal mio vocione. Chiedi quello che vuoi e te lo darò”.
“Pranzo, cena e una stanza mia”.
“Lo avrai!”
“Ma come ti chiami?”
“Mi chiamano il Senza-Lingua… ma come vedete per via del mio lavoro ce l’ho fin troppo lunga”.

Il re da quel giorno parlava piano piano e non sopportava il tono di voce degli altri: “Perché urlate, non c’è bisogno, parlate piano!”
Dall’altra parte, quei poveri ministri e sudditi si sfinivano a cercare di ascoltare il re… dovevano stargli vicino vicino, altrimenti non si sentiva un acciderboli di niente. L’unico che riusciva a capirlo era il Senza-Lingua. Tutti si chiedevano come faceva e soprattutto tutti volevano vedere la sua lingua: “Dai faccela vedere!”.

Senza-Lingua andò su tutte le furie, cominciò a piangere e si chiuse nella sua stanza.
“Presto presto sire, dovete fare qualcosa!”, disse Giacomo, “il vostro prezioso venditore ambulante si è chiuso in camera sua e non vuole più uscire”.
Il re Emanuele andò a parlargli: “Non prendertela, fagliela vedere questa benedetta lingua”.
L’ambulante fece per fare la linguaccia, ma la lingua cadde per terra e andò in mille pezzi.
“Ma…ma…sei la principessa Martina!”

Il re le prese le mani, la fece sedere e le posò la testa sulle gambe. La fanciulla gli accarezzò il capo e zac! Le strappò il capello magico.
Il re parlò con la voce più bella mai sentita, calda, dolce e profonda: “Grazie principessa”.
“Di niente maestà!” La principessa parlava! Non era più senza lingua! Spezzando l’incantesimo del re aveva sciolto anche il suo.

E’ inutile dirvi, bambini, che anche questa fiaba, come tutte quelle che parlano di re e principesse, ha il suo lieto fine e si conclude con una bella festa di matrimonio e un premio a Giacomo per la sua sincerità. Se non avesse detto al re la verità, Emanuele sarebbe ancora per tutti e perfino per voi il Re Tuono!

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