Robin Hood

Elena Giulia Ghelardini

Robin Hood
Or vi narro delle note gesta
ambientate nella foresta,
anzi le lascio raccontare
a chi le sa anche cantare.
Prendete tutti uno sgabello
e ascoltate il menestrello:
io amo la mia terra
che è la grande Inghilterra
ma sempre nel mio Paese
eran i poveri a pagar le spese
mentre il principe Giovanni
stava nel lusso ormai da anni.
Egli aveva un serpente
come fedele suo assistente
e chiese allo sceriffo che l’aiutasse
a riscuoter ingiuste tasse!
Solo Robin con la sua furbizia
s’incaricava della giustizia.
Innamorato di una lady
le cadeva sempre ai piedi
e portandola di notte al parco
si esibiva col suo arco.
Lo sceriffo andava a riscuotere
presso famiglie sempre più povere.
Indispettito allora frate Tac
urlò: «Adesso basta povertà!».
Così, dal grido interrotto
Robin coniò l’inedito suo motto:
«A Marion sian fatte le sue trecce,
a me sian date le mie frecce!»
Così furbo, bello e lesto
compì il risolutivo final gesto:
mentre Giovanni dormiva ciucciando il dito
Robin rubò il denaro e fu restituito.
Alla fine, un po’ in ritardo
tornò a regnar il re Riccardo.
Robin disse: «Adesso siedi… »
rivolgendosi alla sua lady
«Possiedo ora un ricco patrimonio
e sono pronto per il matrimonio!»

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Dove vuoi andare?