San Francesco e il lebbroso

Angiolo Silvio Novaro

Tratta da: Il Cestello - Poesie per i Piccoli - A. Mondadori (Milano, 1928)

San Francesco e il lebbroso

Leggiamo insieme: San Francesco e il lebbroso di Angiolo Silvio Novaro

I

Svogliatamente al caval die’ di sprone
Francesco, figlio di Ser Bernardone,

e uscì d’Assisi tacito e soletto,
e portava un bel manto e un bel berretto:

ma triste egli era, e non sapeva perchè
mentre uno sguardo al ciel d’autunno die’.

Grigio era il ciel, grigio il monte Appennino,
e pien di foglie secche era il cammino.

Moveansi al vento quelle foglie rosse:
la sua tristezza ei non sapea che fosse…

 

II

Or mentre al pian cavalca pensieroso,
davanti al suo caval vede un lebbroso

che implora l’elemosina col volto
rotto dal male e contraffatto molto.

Un freddo orrore si raduna in mezzo
al cuor del cavaliere: un gran ribrezzo

gli lega i polsi. Al suo caval s’abbraccia
perchè da scudo alla vista gli faccia.

Fuggir vorrebbe… Ma pietà lo piglia,
getta, smontando, via da sè la briglia.

Dentro la borsa un fiorin d’or gli suona;
con gesto amico al povere l lo dona.

E poi gli bacia tre volte la mano
dicendo: “Pace a te, fratel cristiano!”.

A cavallo rimonta, indi, e si volta
a salutar l’infermo un’altra volta.

Voltasi e cerca, e non lo trova più:
vede una rosa ove il lebbroso fu.

La rosa spande il più soave odore,
e a lui trabocca d’allegrezza il core.

 

Illustrazione di Domenico Buratti

 

cestello

 

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