Se fosse vero

Rita manda questa fiaba (21 febbraio 2002).

Sizina aveva due occhi furbetti, neri neri, sempre vispi, perfino quando era assorta nei suoi pensieri. I lunghi riccioli biondi le incorniciavano il viso.
“E’ il ritratto della sua povera madre” – diceva a tutti con orgoglio nonna Maria.
Da quando una malattia che non perdona se l’era portata via, Sizina era rimasta con la nonna. Suo padre non l’aveva mai conosciuto e nemmeno sapeva chi fosse. Così nonna Maria era l’unico legame rimasto alla bambina.
Per questa situazione i suoi compagni di scuola la prendevano in giro e la chiamavano “figlia di nessuno”. Così non aveva amici e stava ore ed ore in compagnia di se stessa, a fantasticare nel suo mondo di sogni. Immaginava che un giorno sarebbe arrivato il suo papà e l’avrebbe portata via con sé, anche se nonna Maria, diventata brontolona per l’età e i dispiaceri, le aveva più volte detto che questo non sarebbe mai accaduto perché suo padre “era davvero cattivo e senza cuore, altrimenti non l’avrebbe abbandonata”. Ma Sizina, dentro di sé, continuava a sperare.
Era da poco finita la scuola e la piccola adorava passeggiare nel bosco, poco distante dalla sua casa.
Arrivava al fiumiciattolo, sedeva spesso su un sasso a guardare l’acqua che scorreva e ci rimaneva per ore, finchè nonna Maria non la chiamava.
Quella mattina faceva più caldo del solito, il cielo era azzurro, i raggi del sole filtravano tra gli alberi formando profondi fasci di luce. Gli uccelli che abitavano il bosco sembravano particolarmente vivaci e facevano sentire le loro voci. Sizina, saltellando allegramente, oltrepassò il ruscello nel punto più basso. Che piacere sentire l’acqua fresca che le scorreva tra le caviglie!
Un simpatico coniglio bianco, dalle lunghe orecchie, spuntò tra la vegetazione.
“Lo porterò a casa con me” – pensò Sizina e cominciò a rincorrerlo. Dopo un pò si accorse che la luce del sole non filtrava più tra gli alberi: si era allontanata troppo, il coniglietto era sparito e lei non era più capace di tornare indietro.
Ma non si perse d’animo e imboccò il primo sentiero che aveva alle spalle.
Stava ormai camminando da parecchio tempo, la stanchezza cominciava a farsi sentire, quando intravide una luce giallastra. Proseguì verso essa nel punto in cui era più intensa e si accorse che emanava calore, sebbene non fosse prodotta dai raggi del sole. Sembrava provenire da un lampione grandissimo, collocato talmente in alto che era impossibile vederlo.
Si trovò davanti un Grande Albero, dal tronco affusolato e tanti lunghi rami che sembravano braccia protese verso di lei. Mentre lo ammirava udì una voce calma e profonda: “Finalmente sei arrivata, ti aspettavamo”. Sizina si guardò intorno: non c’era nessuno! Esclamò spaventata:
“Chi sei, dove sei, non ti vedo!”
“Sono qui, davanti a te!”
La sua sorpresa fu indescrivibile quando capì che era stato l’albero a parlare.
“Non avere paura” – proseguì la voce – “Nessuno ti farà del male!”. E come parlava muoveva le foglie a destra e a sinistra, avanti e indietro.
Tutti gli altri alberi protesero i loro rami verso di lei per darle il benvenuto.
Tra la vegetazione spuntò di nuovo il coniglio bianco: “Ho fatto in modo che tu mi seguissi fin qui perché abbiamo bisogno del tuo aiuto. Da quando il perfido mago Oz è venuto ad abitare in quella grotta laggiù, questa luce gialla ha preso il posto del sole. Sono sparite le nuvole e non piove più. La vegetazione rischia di morire. Non abbiamo più nemmeno la notte, la lune e le stelle.
Dobbiamo fare in modo che Oz se ne vada al più presto, affinchè tutto torni come prima”.
Sizina decise di aiutare gli abitanti del bosco, anche se ancora non sapeva come.
Era molto stanca ed aveva fame.
Allora Grande Albero poggiò i suoi rami a terra e la invitò a sedersi sopra. “Reggiti forte” – le disse. E la sollevò in alto. Nascosta tra le foglie, c’era una graziosa casina. Sembrava quella delle bambole.
Aveva le tegole di fragola, i muri di zucchero, e il portoncino di cioccolato. Le finestre erano di liquirizia e sul davanzale c’erano vasi con fiori di caramelle.
Sizina entrò dentro. Nella stanza c’era un caminetto di mattoncini gialli, con davanti una sedia a dondolo. Un grande orologio a cucù, di cioccolato fondente era appeso alla parete.
Tutti i mobili erano di marzapane. Al centro c’era una tavola ben apparecchiata. Sizina sedette affamata, divorò un’ottima zuppa fumante e mangiò tutti i dolcetti alla frutta, ancora caldi. Si chiese chi mai li avesse preparati per lei.
Da una scala a chiocciola scese Comare Tartaruga. Sizina si voltò a guardarla. Veniva giù molto lentamente, dritta sulle zampine posteriori. Aveva una cuffia bianca sulla piccola testolina e un grembiule verde di pizzi e merletti. “Ben arrivata” – le disse con una vocina esile e gentile, che le ricordava quella di sua madre. Poi si avvicinò alla sedia a dondolo e si sedette. Cominciò ad osservarla con uno sguardo dolcissimo e, come se la conoscesse da tempo, aggiunse: “Nonna Maria è sempre brontolona? Sii buona con lei, ti vuole molto bene. I tuoi compagni di scuola ti prendono ancora in giro. Vedrai, tra un po’ la situazione cambierà ”. Sizina rimase a bocca aperta. Come faceva a sapere tutte quelle cose? “Se vuoi riposare – continuò – ho appena sistemato la tua cameretta” –Sizina incuriosita salì subito di sopra. La stanza era tutta rosa, il pavimento di torrone.
Il letto era di zucchero filato, morbidissimo, ed esausta si addormentò.
Al suo risveglio scese di sotto e trovò Comare Tartaruga a discutere con Comare Volpe che la salutò amichevolmente. Le disse che il Comitato la stava aspettando per studiare un piano per cacciare via Oz. Sizina pensò “cosa sarà mai questo Comitato?”, ma non chiese nulla. Prima di uscire salutò Comare Tartaruga che la abbracciò e le trasmise tanta forza e serenità da non avere più paura di nulla.
Grande Albero la fece di nuovo sedere su uno dei suoi lunghi rami, lo abbassò fino a terra e Sizina, insieme a Comare Volpe, si diresse verso il Comitato.
Indescrivibile fu il suo stupore quando si trovò davanti una specie di anfiteatro con gradoni di terra compatta e dura su cui sedevano, riuniti, gli abitanti di quel bosco: scoiattoli, lepri, volpi, uccelli, conigli, ricci, fagiani e perfino serpenti.
Ogni specie aveva un proprio rappresentante: Compare Scoiattolo per gli scoiattoli, Comare Volpe per le volpi, Compare Uccello per gli uccelli, e così via per tutti gli altri.
“Questo è il nostro Comitato” – spiegò Comare Volpe a Sizina – “Qui prendiamo tutte le nostre decisioni. Da oggi tu sarai il nostro Presidente”.
Investita di questa carica la piccola si sentì davvero importante e in piedi, al centro dell’anfiteatro, con voce decisa esclamò: “Dobbiamo innanzi tutto introdurci all’interno della grotta del malvagio mago per renderci conto della situazione, poi cercheremo il modo di liberarci di lui”.
Unanimemente il Comitato si dichiarò d’accordo.
Compare Serpente prese la parola: “Chi di noi andrà nella grotta?”
In molti volevano partecipare all’impresa.
Compare Uccello asserì: “Io posso portare messaggi volando da un posto all’altro”.
Comare Volpe disse: “Io sono molto furba e sicuramente Oz non mi prenderà mai”.
Compare Coniglio, vergognandosi un po’, con un filo di voce, esclamò “Io ho paura di tutto, però posso essere di compagnia”.
Comare Lepre dichiarò.”Io posso correre velocemente”.
Compare Serpente affermò: “Io posso camminare anche sulle pareti”.
Sizina decise di portare con sé solo Comare Volpe, Compare Serpente, e Compare Uccello”.
Così i nostri 4 amici si incamminarono verso la grotta di Oz.
Man mano che procedevano era sempre più buio e la temperatura scendeva. Gli alberi erano più fitti e avevano lunghe radici che fuoriuscivano dal terreno. Sizina inciampò e cadde ai piedi di un castagno che aveva ricci enormi. Le sue radici le cinsero il corpo e la strinsero fin quasi a soffocarla. Cominciò a divincolarsi e miracolosamente riuscì a sfuggire alla presa. Mentre si allontanava spaventata si accorse che un gigantesco riccio si dirigeva verso Compare Serpente, rimasto indietro. Sizina afferrò un grande sasso e lo scagliò con tutta la forza che aveva addosso al riccio. Man mano che gli aculei si spezzavano, nel punto in cui cadevano a terra si formavano delle crepe che si allargavano sempre più fino a diventare profonde spaccature del terreno.
“Come avrebbero fatto a proseguire senza rischiare di sprofondare?”, si chiesero. L’intervento di Compare Uccello fu provvidenziale: “Ci penso io” disse e volò via. Tornò subito dopo in compagnia di una grande aquila. “Salite su di lei, – esclamò – vi porterà all’ingresso della grotta”. Sizina la cinse stretta al collo. Compare Serpente si arrotolò intorno al corpo della bambina e Comare Volpe le sedette tra le gambe. Che bella emozione volare e com’erano piccoli gli alberi dall’alto! Compare Uccello li seguiva volando più lentamente.
L’Aquila li fece scendere proprio davanti alla grotta e se ne andò. Percorsero un cunicolo stretto e buio, pieno di pipistrelli. Conduceva a un attrezzatissimo laboratorio chimico, da cui proveniva un cattivo odore. Un’infinità di ampolle di vetro erano collegate tra loro da tubi trasparenti. C’erano provette che contenevano liquido bianco e altre liquido verde. Oz, ad alta voce, diceva: “La mia invenzione cambierà il mondo. Con la pozione verde renderò gli uomini cattivi e cominceranno ad uccidersi tra loro, gli animali si sbraneranno, e le piante produrranno frutti velenosi. Solo con liquido bianco, che io conserverò ben nascosto, si potrà annullare il malefico effetto e generare solo bontà”. E scoppiò in una spaventosa risata.
Sizina capì che doveva assolutamente impedire che il piano di Oz si realizzasse. Ma come fare?
Le venne un’idea e ne parlò con i suoi amici: “Aspetteremo che si addormenti e mentre russerà gli verseremo in bocca l’intero contenuto della provetta dal colore bianco, così diventerà buono e dimenticherà la sua diabolica invenzione”.
Così, appena Oz si addormentò, Sizina si avvicinò a lui. Aveva un aspetto orribile. Era magrissimo, con pochi capelli, gli occhi piccoli erano infossati e nascosti dietro agli occhiali, il naso lungo e appuntito. Una folta barba grigia gli arrivava fino alla pancia. Aveva le mani ossute e magre, le gambe corte ed enormi piedi. Russava profondamente con la bocca aperta. Sizina gli versò in gola la pozione bianca. Oz iniziò a tossire e si svegliò. Compare Volpe, Compare Serpente e Compare Uccello si allontanarono subito e si nascosero alla meglio mentre Sizina rimase a guardarlo con gli occhi sbarrati. Lui la afferò per un braccio gridando: “Chi sei tu e che cosa vuoi?” E la trascinò a forza verso una grande gabbia di cavie per i suoi esperimenti. La spinse dentro, chiuse il lucchetto della porticina, si mise la chaive in tasca e uscì dalla grotta borbottando frasi sconnesse.
Come mai la pozione bianca non aveva fatto effetto su Oz?
I nostri amici cominciarono a preoccuparsi. Dovevano assolutamente liberare Sizina prima che tornasse il perfido mago. Compare Uccello si offrì di fare la guardia all’ingresso della grotta, nel caso in cui Oz tornasse indietro.
Comare Volpe si guardava intorno per cercare un attrezzo utile ad aprire la gabbia. Ma non lo trovò.
“Dovete affrettarvi a distruggere le provette con la pozione verde, lasciando solo quelle con il liquido bianco, prima che torni Oz” – si preoccupò Sizina.
Così Comare Volpe e Compare Serpente fecero cadere a terra tutte le provette che contenevano il malefico intruglio.
Dopo un pò arrivò di corsa Compare Uccello gridando: “Sta tornando Oz”.
Il malvagio mago tornava canticchiando una allegra canzone. Alla vista delle provette frantumate non si arrabbiò per nulla, anzi le ignorò totalmente. Poi si rivolse a Sizina “Povera cara, cosa fai chiusa lì dentro?”
E la liberò immediatamente.
“Forse la pozione magica aveva fatto effetto!” – pensò Sizina. “Lo metterò alla prova”.
“Signor mago” – gli disse – “Ho sentito dire che ha realizzato un’invenzione che fa diventare buoni gli uomini. Ma come è possibile? ”.
Oz, ormai diventato buono come un agnellino, avendo dimenticato completamente la terribile pozione verde, prese alcune provette con la pozione bianca, aprì una porticina di legno e si diresse, seguito da Sizina, lungo un corridoio stretto, che conduceva a una piccola grotta che aveva un’apertura in alto. Al centro c’era uno strano macchinario: sembrava un cannone, ed era tutto di vetro. Oz versò il liquido bianco in un’ampolla rotonda a forma di palla, la mise dentro al cannone, e la sparò verso il cielo. Spiegò a Sizina: “Verrà proiettata talmente in alto che, per la pressione, si romperà, la pozione finirà nell’atmosfera, quindi cadrà sulla terra sotto forma di pioggia. Occorreranno almeno 50 ampolle di vetro affinchè tutto il mondo diventi buono”.
Così Sizina aiutò Oz a sparare nell’atmosfera tutto il liquido bianco a disposizione. Alla cinquantesima palla di vetro, scoppiò un violento temporale che durò un’ora. Poi l’acquazzone cessò. Il cielo cambiò colore e tornò azzurro. La foresta incantata era salva. Non c’era più la luce giallognola, finalmente era tornato il sole. Era questo il segno che anche tutto il mondo era cambiato e gli uomini erano diventati buoni.
Una voce rintronò nel silenzio: “Sveglia, pigrona, vieni a fare colazione”. Era nonna Maria che chiamava Sizina. La piccola aprì gli occhi e si guardò intorno: era nel suo letto. Capì di aver fatto un bel sogno e pensò: “Se fosse vero, sarebbe bello vivere in un mondo abitato da soli uomini buoni, così il mio papà non sarebbe più cattivo e verrebbe a prendermi”.
Sul davanzale della finestra un uccello a lei familiare cinguettava allegramente.
“Compare Uccello” – gridò. E come si avvicinò questo volò via.
Nonna Maria continuava a chiamarla “Vieni, svelta, c’è una persona che vuole conoscerti!”.

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