Storia di un chiccolino di grano

Ecco la fiaba di Zia Mariù (15 maggio 2006)

Storia di un chiccolino di grano

Leggiamo insieme: Storia di un chiccolino di grano

Da sopra una grassa nuvola dalla forma di naso a patata “Pallina” se ne stava ferma ferma con le gambette penzoloni in preda al terrore a guardare le sue sorelline che piovevano canterine sulla terra.
Passò la notte quando i primi raggi di sole accesero riflessi iridescenti su di una cosina colorata che passava per caso proprio sotto la sua nuvola.
Era un palloncino colorato velato dalla rugiada notturna che lo aveva reso simile ad una enorme bolla di sapone.
Alcune sorelline posate sopra il palloncino sentirono la sua voce esile esile chiedere aiuto, alzarono la testa e la videro tutta impaurita.
“Vieni giù dai!, buttati, chiudi gli occhi e buttati dai!” le dissero incitandola.
“No, no no no no. Aiutatemi ho tanta paura! Non so come fare!” continuava a lamentarsi Pallina.
Passava di lì Zoe, una vecchia gabbiana che sentendola singhiozzare le si avvicinò chiedendole perché fosse così disperata.
Pallina tutta triste cominciò a raccontarle che non era mai scesa a terra e che aveva tanta paura di cadere; la vecchia gabbiana la tranquillizzò e si offrì di darle un passaggio. Zoe con una bella manovra si avvicinò alla gonfia nuvola proprio prima che un soffio di vento la spostasse prepotentemente: “Monta su bella, preparati al brivido che si parteeeeee!”
Pallina si lasciò… bululummm…ruzzolare sull’ala di Zoe ed andò ad incastrarsi proprio in mezzo alle sue candide piume.
Aveva il cuoricino in gola dalla paura, ma ugualmente fece uscire il capetto dal piumato e si accorse che stavano già volando.
Uno sguardo qua e uno là vide che intorno a loro c’erano altri gabbiani che sembravano una squadriglia d’aeroplani. “Siamo diretti all’isola di ghiaccio” disse Zoe.
“Ma non ti preoccupare”, e si soffiò la zazzera sugli occhi
vispi, “ti farò scendere prima, appena troveremo un approdo sicuro!”
Zoe, con la sua vista acuta, dopo ore di volo riconobbe da lontano l’albero di una nave e vi si diresse in picchiata con una repentina manovra.
“Preparati Pallina che stiamo atterrrraaaandoooo… reggitiiii beneeeee!”
Soffiandosi all’insù la zazzera che aveva arruffata sugli occhi, inclinò in avanti le grandi ali sfidando il vento, poi le distese ancora, cominciò a prendere meticolosamente la mira ed a girare in tondo sulla nave, allungò le zampe palmate e con due o tre battiti veloci atterrò dolcemente sull’albero maestro.
Pallina era tutta rannicchiata tra le piume di Zoe quando sentì tremare tutto.
Oh…!Ohooohhh!! Tun…tu..tu…tutunnnn…
“Oplàlàlàlà atterrate sane e salve!” Esclamò Zoe soddisfatta
Pallina tirò fuori la testa ma Zoe la fermò.
“No Pallina, qui non puoi scendere, il vento è troppo forte e ti scaraventerebbe nel mare il burrasca, sarebbe la fine per te in quel grande oceano salato!”
Lei tutta impaurita si “riapollaiò” dentro le piume del grande uccello, tenendo fuori solo gli occhietti.
Riposate ben bene Zoe e Pallina ripresero il volo raggiungendo su in alto nel cielo i loro amici gabbiani.
Si stavano avvicinando all’isola di ghiaccio e Zoe doveva far scendere per forza Pallina altrimenti si sarebbe trasformata in un “gelido chicco di ghiaccio”.
La gabbiana morbidamente atterrò lasciandola sopra i rami di un albero.
“Non rimanere al sole”, si raccomandò Zoe, “stai sempre attenta mi raccomando!” e si salutarono.
Pallina era rimasta ancora sola, ma questa volta sempre più vicino al suolo ma purtroppo la paura non l’aveva ancora abbandonata.
Si alzò un forte vento che la scaraventò improvvisamente contro il vetro di una finestra della casa lì vicino, lei cercò con tutte le sue forze di resistere, ma inesorabilmente scivolò giù.
Si ritrovò sopra la foglia di un ramo caduto.
Lì, stanca e stravolta, si fermò a pensare quando si
accorse di essere caduta su qualcosa di morbido e caldo.
All’improvviso: “No! Per favore no! Non bagnarmi!”
Pallina si cercò intorno per vedere da dove veniva quella vocina, ma non vide nulla.
“Mancano ancora pochi giorni lasciami all’asciutto ancora per un pò!” e la gocciolina si senti sballottare.
Abbassò la testolina sopra quel bozzolo per sentire se la vocina usciva da lì quando un leggero scricchiolio le fece paura.
“Toc toc. Chi è che parla”? toc toc toc toc bussò “c’è qualcuno qui dentro?”
“Sì, sono Sonia la farfalla, le mie ali non sono ancora pronte per uscire e l’umidità mi fa tanto male, ti dispiacerebbe spostarti da qualche altra parte?”
Allora Pallina si fece scivolare pian pianino vicino al bozzolo di Sonia.
Dopo un paio di giorni sentì altri strani scricchiolii; vide il bozzolo strapparsi e un brutto animale, un mostro, uscire da quel candido nido.
Lo vide stiracchiarsi al sole e poi all’improvviso, meraviglia delle meraviglie cosa vide?
Sonia che aveva aperto le sue ali.
Cominciò a batterle come battiti di ciglia, poi prese il volo.
Pallina la stava guardando quando la farfalla le si avvicinò danzando e la fece salire sull’aranciato di raso e madreperla delle sue ali.
La posò sopra il bocciolo di un fiore di pesco, Sonia doveva sbrigarsi perché a sera la sua breve vita sarebbe finita e la lasciò su un lettino tutto rosa e volò via.
Pallina guardò a terra e vide che questa le era molto più vicina ancora, ma aveva sempre tremendamente paura.
Che cos’altro le sarebbe capitato ancora?
Era primavera e nell’aria i profumi dei fiori erano inebrianti, lei se ne stava accoccolata dentro il suo bocciolo di pesco quando sentì bucare.
“OH…oh..ooooohh… chi è che mi fa questi dispetti?
Che cosa è questo pizzicorino?”
Uno strano animaletto giallo e nero entrò dentro il fiore quasi aperto, allungò una piccola trombetta dal naso e sc sc sc sccccclurphh succhiò il dolce nettare del suo fiore.
Ma Pallina, per paura di essere a sua volta ingoiata si rintanò piatta piatta nel fondo del fiorellino, quando un vivace scuotimento accompagnato a delle cristalline urla di bambini la fece arrotondare di nuovo.
All’improvviso: due scossoni a quei rami ricchi di fiori e
boccioli che divennero una nevicata rosa di petali; la gocciolina si sentì cadere, tirò fuori tutta la forza che aveva, si allungò, si arrese, poi spashhh e si sentì inesorabilmente cadere sulla terra.
Filtrò pian pianino in un luogo buio.
La piccolina pensò che era arrivata la sua fine quando: Un giorno un chicco di grano si trovò perso e solo tra
due zolle di terra nera e umidiccia.
Cominciò a piangere e ad aver paura.
Era buio, era umido. Cominciò a pensare a quanto era stato felice quando era sulla spiga baciata dal sole e il vento lo cullava, e a quanto era beato tutto abbracciato alla
sua mamma.
Pensava a quando il campo verde era zeppo di spighe diritte e nel cielo turchino c’era il sole raggiante e tutti gli uccellini felici cantavano al suo nascer ed al suo andare a riposar.
Pensava a quando non faceva freddo e non era umido e le gocce di rugiada cadevano dolci e rinfrescanti sul grano infiammato dal sole, e quando la tonda luna d’argento splendeva sui campi che maturavano.
Che bei tempi erano oramai quelli! Chissà se sarebbero mai più tornati?
Intanto, lì a fianco, la gocciolina se ne stava zitta zitta abbracciata a “qualcosina” di sconosciuto quando, questa “qualcosina”, cominciò a singhiozzare.
Pallina si sentì scalzare e poi: “ti puoi allontanare per piacere mi stai bagnando tutto!” Esclamò la vocina.
“Fammi rimanere abbracciata a te ho tanta paura del buio!” Rispose Pallina.
La gocciolina sentendosi al sicuro si avvinghiò ancora di più e cominciò a tranquillizzare il chioccolino, a fargli coraggio; non c’era più motivo d’ aver paura, insomma, in fondo in fondo, la piccolina sapeva che per lei stava giungendo la fine, così pian piano, chiuse gli occhietti e si abbandonò.
Il chiccolino sapeva che non avrebbe retto all’umidità, in quegli ultimi tempi aveva preso il raffreddore ed era diventato tanto delicato, si sentiva gonfiare tutto e la pelle gli si stava sgretolando; sentiva l’umidità che gli si infiltrava sempre più; se continuava così, non ce l’
avrebbe mai fatta.
Sentiva dentro di se qualche cosa che si spezzava e fermentava dentro, l’acqua lo penetrava tutto era proprio tutto zuppo. Allora incominciò a dire: “ma che sono nato a fare se devo finire in maniera così spaventosa?
Era meglio se non avessi mai conosciuto la luce calda del sole e mi manca tanto la mia mamma”.
Allora una voce rimbombante, che sembrava venisse
dalla terra,si fece sentire: “Non temere piccolino, non devi morire, abbandonati fiducioso e io ti prometto una vita migliore; muori perché così voglio e vivrai.”
Ma chi è che mi parla? Rispose impaurito il chiccolino.
“Io sono colui che ti ha dato la vita, e te la voglio dare di nuovo!”
Allora il chiccolino che stava morendo, si abbandonò alla volontà del suo Creatore, e non seppe più nulla di nulla.
Un bel mattino d’aprile, un piccolo germoglio fece uscire la sua testolina fuori dalla terra.
Il sole splendeva caldo e nel cielo tanti uccellini festosi volavano spensierati.
Il chiccolino, che era lui quel germoglio, si guardò intorno; era proprio tornato alla vita, sorrideva
al sole e guardava gli uccellini e le nuvolette.
Ma non era solo in quel campo, tutto intorno a lui c’erano le sue sorelline e i suoi fratellini.
Allora cominciò a cantare e si allungò tutto, stiracchiandosi, voleva farsi accarezzare le foglioline dal cielo e poi sentì una vocina che gli disse: “Ciao, ti ricordi di me? Io sono la gocciolina d’acqua che aveva
paura di cadere e con le mie sorelle ora sono diventata una nuvoletta e vedrai che tra poco mi verrò a riposare sulle tue foglioline, non avere più paura, un chicco di grano è come una goccia d’acqua, non muore mai, se un chicco viene sementato, lui rinascerà germoglio e poi diventerà
spiga e darà tanti frutti ricchi.

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