Storielle di scuola

Alberto Melis

Storielle di scuola

  • Il mio nuovo compagno di banco
  • Tutta colpa di una erre
  • Lo strano caso della popò blu
  • Tema: il rientro dalle vacanze.
  • Una pinocchiata sulla testa
  • Povera Cecilia!
  • Non bisogna mai dire le parolacce
  • L’importante è partecipare
  • Valentina ha smesso di parlare

 

Il mio nuovo compagno di banco
Il mio nuovo compagno di banco si chiama Pitzinnu, e le maestre l’hanno preso un po’ di mira.
– Pitzinnu, non devi venire a scuola con quelle unghiacce lunghe e nere!
– Pitzinnu, dì a tuo padre che ti porti dal parrucchiere, hai una zazzera che fa spavento!
– Pitzinnu, smettila di mordicchiare la penna, le penne servono per scrivere, mica per mangiarle!
Il mio compagno Pitzinnu soffre molto per i rimproveri di maestra Lucia, di maestra Maria e di maestra Pippìa. Affossa il capo tra le spalle e le guarda in silenzio con gli occhioni neri e umidi.
Meno male che poi è arrivata maestra Teresa, la nuova maestra di lingua straniera, che è molto buona e comprensiva. A lei non interessano le apparenze, a lei interessa la sostanza, così che non ha rimproverato Pitzinnu una sola volta, per le sue unghie lunghe, per la sua zazzera che fa spavento e per quel suo vizio di mordicchiare la penna.
L’altro giorno anzi l’ha fatto sedere sulle sue ginocchia e ha giocato con lui a Cappuccetto Rosso.
– Che orecchie grandi hai, Pitzinnu!
– E’ per sentirti meglio…
– Che occhi grandi hai, Pitzinnu!
– E’ per guardarti meglio!
– Che bocca grande che hai, Pitzinnu!
GNAM!
Pitzinnu si è mangiata maestra Teresa in un solo boccone! Vestiti, scarpe, occhialini e registro compreso. Poi il giorno dopo suo padre, il dottor Lupo de Lupis, si è scusato con le altre maestre.
– Non aveva fatto colazione come si deve, ieri – ha spiegato.
Maestra Maria, maestra Lucia e maestra Pippìa, non hanno detto una parola. E hanno anche smesso di rimproverare Pitzinnu per le sue unghie, per la sua zazzera e per il vizio di mordicchiare le penne.
In quanto alla nuova maestra di lingua straniera anche lei ha una simpatia per Pitzinnu. Ma non ha mai provato a giocare con lui a Cappuccetto Rosso. Soprattutto quando è senza museruola.

Tutta colpa di una erre
Oggi maestra Pippìa ha perso la lettera r. Abbiamo visto tutti com’è andata. Ci stava raccontando di quella vecchia leggenda di Roma e di Romolo e Remo, quando la r le è scivolata dalla punta della lingua, ha rimbalzato sul registro aperto, è finita sul pavimento e nessuno l’ha più ritrovata.
Era una r molto piccola, a dire la verità. E anche un po’ moscia.
– Cecatela dappettuto! Pe favoe! – ha gridato la maestra. – Come faò a accontavi la stoia di oma e di omolo e emo?
La maestra si è tanto agitata che a furia di agitarsi le è scivolata dalla bocca anche la lettera o.
– Cecatela! Cecatela dappettut! Pe fave!. Cme fa a accntavi la stia di ma e di ml e em?
Ma non c’è stato niente da fare. Sul pavimento abbiamo trovato solo la o. E anche una vecchia w, che era lì da chissà quanto tempo.
In mancanza di meglio la maestra ha rimesso al suo posto la lettera o, ha preso anche la lettera w e ha continuato la lezione.
Solo non capisco perché, il giorno dopo, maestra Pippìa ha fatto un mucchio di brutte smorfie, quando mi ha corretto il compito di storia.
Eppure ero stato attento, avevo persino preso degli appunti, su quella bellissima leggenda:
“Womolo e Wemo litigawono pew i confini di Woma. Womolo sconfisse Wemo e Woma pewciò si chiamò Woma. Se no di sicuwo potete scommettewci che Woma non si sawebbe chiamata Woma ma Wema”.
– Vai al posto, owa… – disse sconsolata maestra Pippìa.

Lo strano caso della popò blu
Era una mattina di scuola come tutte le altre. Il sole fuori splendeva, la maestra di matematica matematicheggiava, il bidello Antonio bidellonava di qua e di là e tutto andava nel migliore dei modi. Sino a quando il bidello Antonio, che probabilmente si era stancato di bidellonare, entrò in aula come una furia.
– Maestra Pippìa – disse – è successa una cosa terribile!
– Si calmi e respiri a fondo, Antonio – disse maestra Pippìa. – Cosa è successo?
– Nel bagno dei ragazzi, ho trovato…enorme, una cosa da non credere…
– Cosa da non credere?
– Ehm…, insomma, come dire… ho trovato mezzo chilo di popò blu!
– MEZZO CHILO DI CACCA BLU? – gridarono entusiasti tutti i miei compagni.
Della cosa vennero subito informati la Direzione, il Provveditorato agli Studi, l’Università, i Carabinieri e la Stampa. Vennero così, tutti in fila indiana, Direttori, Provveditori, Professoroni, Carabinieri e Giornalisti. Venne anche la Televisione.
Che riprese con la telecamera la popò blu e intervistò tutti i presenti.
– Posso assicurare che prima non c’era – giurò il bidello Antonio.
– Un vero mistero! – disse il Direttore.
– Prenderò provvedimenti! – esclamò il Provveditore.
– Apriremo un’indagine! – assicurarono i Carabinieri.
– C’è di sicuro una spiegazione scientifica! – dissero i Professoroni.
Mentre tutti discutevano io chiesi al mio nuovo compagno di banco: – Che ne pensi, Puffo?
Lui si aggiustò il suo capello da puffo in testa e mi sorrise con il suo bel sorriso blu.
– Domani quasi quasi la faccio rosa… – disse.

Tema: il rientro dalle vacanze
Oggi al rientro a scuola abbiamo trovato una gran confusione. La solita storia di ogni anno. Da quando l’edificio è stato ceduto nel periodo delle vacanze al Raduno Estivo degli Orchi e delle Streghe, non c’è un settembre che cominci come si deve. Pentoloni di liquidi giallo-verde-moccio in palestra; ragnatele muco-viscido-vischiose sulle pareti; code mozze di lucertola sotto i banchi; baffi di gatto, occhi di rospo, e viscere di scarafaggi dappertutto.
Per di più quest’anno gli Orchi e le Streghe si sono dimenticati di sciogliere tutti gli incantesimi. Roba da non credere. Lavagne a penzoloni sui soffitti, cattedre al galoppo negli anditi, sedie che sganciavano puzzettine pupuzzose e computers che pattinavano negli anditi.
Sembra che nell’armadio della quarta C abbiano trovato una streghetta ubriaca. Una piccola piccola con i lunghi capelli bianchi, con mille rughe sulla fronte e con i denti appuntiti. Ha morso sulla mano il bidello Antonio e non mollava la presa. Mia mamma dice sempre che è tutta colpa del signor Sindaco. Perché non dovrebbe permettere agli Orchi e alle Streghe di far festa nell’ultima notte prima della riapertura della scuola.
Non so se anche maestra Pippìa la pensa così. Oggi è arrivata a scuola un po’ in ritardo. Aveva una faccia di sonno e due brutte occhiaie sotto gli occhi.
– Scusatemi bambini – ha detto. – Ma ho avuto una nottataccia.
Poi è arrivata maestra Lucia.
– Ahaaaag… – ha detto sbadigliando.
Infine è arrivata la direttrice. In mano aveva due cappellacci neri da strega.
– Ho trovato queste cose nel mio ufficio – ha detto.
– Grazie – hanno sospirato maestra Lucia e maestra Pippìa. – Non ci ricordavamo più dove li avevamo messi.
– L’anno prossimo state più attente – le ha rimproverate la direttrice, prima di volare via sulla sua scopa.

Una pinocchiata sulla testa
Un giorno a maestra Maria cadde in testa un libro grosso così, BADABABUM! Da taciturna che era, trovandosi in testa tutto quel mucchio di parole, cominciò a parlare e non la finiva più. E siccome il libro che gli era caduto in testa era l’allegro Pinocchio, diventò anch’essa molto allegra e prese a dire un mucchio di bugie, circa centocinquanta al giorno o giù di lì:
– Due più due più due fa trentaquattro, il quadrato ha sette lati più due angoli più uno specchio in soggiorno, la volpe è un insetto pelato dalla proboscide verde in primavera e rossa in autunno, la Sardegna si trova nell’Oceano Atlantico, mio marito è un canguro, i canguri adorano le principesse, quindi io sono una Principessa… – e giù a ridere!
I miei compagni e le mie compagne, dopo una settimana di quella solfa e di quelle risate pazze, non ne potevano più. Così cercarono un sussidiario, un dizionario e una enciclopedia e, dopo aver preso bene la mira, li lasciarono cadere sulla testa di maestra Maria, BADABABUM! Che da quel giorno smise di dire bugie ma di parlare, più di prima, non la finiva più:
– Due più due più due fa sei, il quadrato ha quattro lati, quattro angoli e nemmeno uno specchio in soggiorno, la volpe è un mammifero, la Sardegna si trova nel Mediterraneo, mio marito si chiama Arturo ed è un ferroviere baffuto, ai ferrovieri baffuti non piacciono le principesse, quindi io non sono una Principessa…- e giù a piangere lacrime grosse così!
I miei compagni e le mie compagne, dopo una settimana di quella solfa e di quelle lacrime grosse così non ne potevano più. Così ripresero l’allegro Pinocchio e con tutta la delicatezza possibile lo fecero cadere sulla testa di Maria, BADABABUM!!
– Meglio una maestra un po’ bugiarda ma allegra – dissero – che non una piagnona da mattina a sera!
L’unico problema fu riuscire a far entrare Maria in aula, ogni mattina: con quel naso lungo che si ritrovava non riusciva più a passare attraverso la porta.

Povera Cecilia!
– Ed ora bambini, la maestra vi leggerà un bel libro!
Mi viene un coccolone grande quanto un grande cocomero, quando maestra Pippìa dice così. Perché io poi lo so come va a finire. Pinocchi o Cenerentole, Piccoli Principi o Ultimefate, Streghe Malefiche o Grandi Avventure. Tutto fa brodo, per maestra Pippìa. Basta che dopo facciamo il riassunto, l’esposizione orale e i disegni, l’individuazione dei personaggi e lo schema della trama, la morale della favola, la trasposizione in rima, le nostre considerazioni personali e chi più ne ha più ne metta.
Per ogni pagina che lei legge, Pinocchi, Cenerentole, Piccoli Principi, Ultimefate, Streghe Malefiche e Grandi Avventure, e chi più ne ha più ne metta, noi ne dobbiamo fare cento.
Meno male che qualcosa oggi l’ha distratta.
– Maestra, Cecilia non è tornata dal bagno – abbiamo detto.
– Si sentirà male, povera Cecilia – abbiamo aggiunto.
– Era pallida come la luna piena – abbiamo spiegato.
– Come la luna piena all’alba – abbiamo puntualizzato.
– Come la luna piena all’alba nel solstizio d’estate – abbiamo specificato, per andare sul sicuro.
– Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio, povera Cecilia! – ha detto maestra Pippìa.
Quando lei è corsa fuori le siamo andati dietro e quando è entrata in bagno, qualcuno, sicuramente per sbaglio, ha chiuso a chiave la porta. Da fuori.
– Bambini… – ha detto dopo un po’ maestra Pippìa.
– Bambini! – ha ripetuto con la sua bella voce maestra Pippìa.
– BAMBINI!!! – ha gridato infine maestra Pippìa.
Ma nessuno a quel punto l’ha sentita. Perché i miei compagni avevano raggiunto tutti Cecilia. In biblioteca. Per leggere finalmente un libro in santa pace.

Non bisogna mai dire le parolacce
Maestra Pippìa ha proprio ragione. Non bisogna mai dire le parolacce, a scuola. Perché le parolacce – ci ha spiegato – sporcano sia chi le dice, sia chi le ascolta. Ieri per esempio è successa una cosa molto strana, durante la ricreazione. Carletto e Luigino hanno cominciato a giocare a tappi. Luigino ha tirato: – Colpito!
Carletto ha tirato: – Cavolaccia miseriaccia! Ho sbagliato mira!
Luigino allora ha ricordato a Carletto che non è educato dire le parolacce, perché le parolacce sporcano sia chi le dice, sia chi le ascolta.
Luigino ha tirato di nuovo il suo tappo: – Colpito!
Carletto ha tirato di nuovo il suo tappo: – Cavolaccia miseriaccia! Ho sbagliato mira!
Luigino allora si è un po’ adombrato, e ha detto a Carletto che lui non sopportava più le sue parolacce, e che anzi, se ne avesse detta un’altra, avrebbe riferito tutto a maestra Pippìa.
Luigino ha tirato per l’ultima volta: – Colpito!
Carletto ha tirato per l’ultima volta: – Cavolaccia miseriaccia! Ho sbagliato mira!
Luigino a quel punto ha alzato la mano e ha riferito tutto a maestra Pippìa. E maestra Pippìa è diventata così verde, povera maestra, per tutte quelle brutte parolacce che sporcano sia chi le dice sia che le ascolta, che ha perso la pazienza e ha tirato lo strofinaccio per il gesso a Carletto. Solo che non ha colpito Carletto.
– Ops! Ho sbagliato mira… – ha detto maestra Pippìa.
– Cavolaccia miseriaccia! – ha detto invece Luigino, sottovoce, con il naso sporco di gesso.

L’importante è partecipare
Eravamo tutti molto emozionati ieri pomeriggio, davanti allo stadio Sant’Elia, per la partita dell’anno, Cagliari – Milan semifinale di Coppa Italia.
Maestra Pippìa, grande tifosa del Cagliari, con la sua sciarpa rossoblu e con il suo cappellino rossoblu, era invece calma e rilassata.
– Il calcio è uno sport, bambini – ci aveva spiegato. – E per il vero sportivo, l’importante non è vincere ma partecipare. Quindi oggi daremo prova di maturità e di autocontrollo, vero?
– Sì – dicemmo tutti insieme.
– Sì – dissero anche Matteo e Giorgia, che tifavano per il Milan.
Quando il Milan segnò il primo gol maestra Pippìa si girò verso Matteo e Giorgia e gli sorrise.
“L’importante non è vincere ma partecipare”, pensai guardandola con orgoglio.
Quando il Milan segnò il secondo gol maestra Pippìa si girò verso Matteo e Giorgia e sorrise ancora.
“Che maturità, che autocontrollo, la mia cara maestra!”, pensai guardandola con affetto.
Quando il Milan segnò il terzo gol maestra Pippìa diventò pallida pallida.
“Non starà male?”, pensai un po’ preoccupato.
Al quarto gol Maestra Pippìa si alzò e ci disse:
– Vi aspetto fuori.
La ritrovammo alla fine della partita, con la sciarpa rossoblu stretta nervosamente tra le mani.
– Come è finita? – chiese, con appena un pizzico d’ansia nella voce.
– Quattordici a zero – risposero pacatamente Matteo e Giorgia, dando prova di maturità e autocontrollo.
Lei li fissò con una strana luce negli occhi.
– Forse a voi due vi boccio – disse.

Valentina ha smesso di parlare
Ieri Valentina ha smesso di parlare. E’ successo alla fine della ricreazione, quando siamo rientrati dal bagno dopo esserci lavati i denti.
– Non ti senti bene, Valentina? – le ha chiesto preoccupata maestra Pippìa. – Ti fa male la testa, hai mal d’orecchie, sei triste, non hai dormito, hai litigato con la mamma?
Valentina è rimasta lì con il suo bel visetto pallido, e non ha risposto.
Anche maestra Lucia si è precipitata in aula: – Non ti senti bene Valentina? Ti fa male la testa, hai mal d’orecchie, sei triste, non hai dormito, hai litigato con la mamma?
Ma Valentina è rimasta muta come un pesce.
– Questa bambina sta poco bene – ha detto invece la direttrice, che capisce subito quando c’è qualcosa che non va. – Forse ha mal di testa, o mal d’orecchie, o è triste, o non ha dormito, oppure…
– Oppure? – ha chiesto maestra Pippìa, trattenendo il fiato.
– Oppure ha litigato con la mamma! Chiamate la psico-super-pedagogista, subito!
La psico-super-pedagogista ha preso Valentina da parte e l’ha fatta sedere sulle sue ginocchia. Ma non c’è stato niente da fare. Valentina, con il suo visetto grigio-terreo-cenere, non ha aperto bocca.
– Secondo me – ha detto la psico-super-pedagogista, dopo aver riflettuto a lungo sul problema – qui c’è qualcosa che non quadra. Credo che la bambina abbia mal di testa, o mal d’orecchie, o è triste, o non ha dormito, oppure…
– OPPURE HA LITIGATO CON LA MAMMA! – sbuffarono tutti insieme i miei compagni.
Valentina nel mentre si girò dal suo banco e mi restituì il mio tubetto di colla attacca tutto. Insieme a un bigliettino: – Accidenti! – c’era scritto – Potevi anche dirmelo che non era dentifricio!

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