Tasti neri tasti bianchi
Orazio Saracino
Nel Paese dei tasti bianchi
Regnava un’armonia innata
Un po’ monotòna, ad essere onesti
Ma, di certo, mai alterata
Un giorno, sull’Isola Maggiore
Detta anche “di Do”
Dondolando, una barcarola
Lentamente approdò
Ospitava alcuni tasti neri
Divisi in gruppi di due e di tre
Suoni aspri di racconti nefasti
Portava dentro di sé
Sfidando il mare, agitato
Ma non troppo per fortuna
Si presero una pausa, protetti dal Re
Notturno, e dalla sua corona
Gli abitanti del posto, l’indomani
Guardarono subito con diffidenza
E alcune note di disgusto
A quegli esseri dalla strana cadenza
Con fare intransigente e duro
Fermi nelle loro posizioni, dissero:
“Il nostro è colore dominante
Qui non c’è spazio per le alterazioni!”
Ma, tra loro, la più ardita e sensibile
Senza scomodar la rivoluzione
Si adoperò, in punta di dita
Per ottenere la risoluzione
Non per salti, ma per gradi
Si mosse, con raro acume
Affinché neri e bianchi tasti
Vivessero in accordo comune
Quello schema, all’apparenza ostile
Produsse suoni dai mille colori
E il frutto nuovo della mescolanza
Convinse persino i più conservatori
E così, aprendo le porte
Ad un ascolto efficace
Nacque il pianoforte
Strumento di pace