Le tre principessine Mimì Nanà e Lulù
Se vi piace questa filastrocca, dovete ringraziare Mariela D'Arrigo che se la ricordava perché le veniva recitata spesso da una zia di origine torinese intorno al 1930 (6 dicembre 2016).
Le tre principessine Mimì, Nanà e Lulù
stavano in un castello che adesso non c’è più.
Era un castello grande sulla montagna oscura
così superbo e nero che metteva paura.
Passavano lassù giorni assai poco allegri
mentre il babbo faceva la guerra contro i negri.
E la mamma non c’era, una brutta mattina
non s’era più trovata la gentile mammina.
Che fosse nella notte caduta dentro il lago?
o l’avesse portata via un orco o un mago?
La cercarono a lungo nel bosco e nel giardino
cercarono lontano, cercarono vicino.
E non si trovò nulla. Piansero tutto il giorno
le bimbe, la mamma più non fece ritorno.
Talvolta sospirarono: “Chissà dove sarà!”
e le testine d’oro scrollavano. “Chi sa?”.
E il dubbio non passava dietro le bionde fronti:
che l’avesse rapita l’orco dei monti?
Eppure era davvero capitato così
benché non lo sapessero Nanà, Lulù e Mimì.
Era l’orco un gigante dalla tremenda faccia
d’uomo cattivo e andava la notte e il giorno a caccia.
Ai pastori rubava gli agnelli a sette a sette
dormiva nelle caverne fra i gufi e le civette.
Ma vi dormiva male e guardava la sera
con invidia il castello sulla montagna nera.
Borbottava: “Un palazzo per quella sciocca gente
e per me che son l’orco dei monti, per me niente!
Ma una notte entrerò nel palazzo orgoglioso
e mi porterò via l’oggetto più prezioso.
Detto fatto una sera sale sull’alto monte
giunge al castello e passa la cancellata ed il ponte.
Il bel palazzo ammira con rabbia da vicino
guarda i cigni del lago e i fiori del giardino
Tutti là dentro dormono al canto del cucù
solo la principessa passeggia su e giù.
Passeggia su e giù la principessa bionda
e giunta presso il lago si appoggia all’alta sponda.
Le stelle ammira, gode lo zaffiro del parco
carezza il lungo collo dei cigni fatto ad arco.
È tutta scintillante di gemme e di monili
e attorno al collo porta di perle centro fili.
“Che colpo!” pensa l’orco “s’io rapisco costei.
L’oggetto più prezioso qui senza dubbio è lei!”.
Tanto era alto l’orco che oltrepassava i tetti,
pioppi e querce spezzava così come confetti.
Una mano allungò fino all’azzurra vasca
prese la principessa e se la mise in tasca.
Si fermarono i cigni con un grido straziante
videro un’ombra altissima sparire tra le piante.
La principessa ovunque si cercò notte e giorno,
per le valli e poi monti più non fece ritorno.
Avevano la nonna Lulù, Nanà e Mimì
ma era vecchia, era sorda e diceva sempre “Sì!”.
E per giocare avevano un cane, un pappagallo
e un piccolo scimmiotto nero dal muso giallo.
C’erano tanti servi ma non faceva nulla
passava le giornate con l’aria un po’ citrulla:
russava il vecchio cuoco, sonnecchiava il portiere,
ciondolavano il capo donzelle e cameriere,
dormiva il maggiordomo con il suo parrucchino
e dormiva la nonna sotto un gran baldacchino.
Ma le bimbe giocavano ben sveglie il giorno intero
col cane, il pappagallo e lo scimmiotto nero.
Non si insegnava a leggere a quel tempo ai bambini
non c’erano balocchi, bambole o arlecchini..
E tanto, tanto s’annoiavan lassù
le tre principessine Nanà, Mimì e Lulù.
Una sera d’autunno piovigginava un poco
stava le tre sorelle raccolte intorno al fuoco;
si appisolava il cane ai piedi di Nanà,
lo scimmiotto saltava allegro qua e là.
Dormiva il pappagallo sulla spalla a Lulù,
lo scimmiotto saltava col codino all’insù.
E siccome a quei tempi, non so se brutti o belli,
parlavano le scimmie, i cani e anche gli uccelli.
Lo scimmiotto Nikito, si chiamava così,
sedette sbadigliando sui ginocchi a Ninì
e disse: “Io davvero non capisco una cosa,
perché restiamo in questa casa tanto noiosa.
Io vengo dai paesi dove c’è sempre il sole
e si canta, si balla, si fa ciò che si vuole.
E c’è il mare turchino con le barche e coi pesci,
ti tuffi in mare, giochi, ti spruzzi intorno ed esci.
Sono città bellissime, forse un po’ lontane
con piante di ananas, di datteri e banane”.
“Ed allora partiamo!” concluse Flock il cane
e la mattina dopo tutt’e sei in gran festa
aprirono i cancelli e via per la foresta.
All’ombra dei grand’alberi Nanà, Mimì e Lulù
correvano e cantavano senza smettere più.
Volava il pappagallo, Flock abbaiava al sole
e Nikito tra i rami faceva capriole.
Le bambine coglieva i mirtilli e i ginepri
Flock andava a caccia di pernici e di lepri.
Ma l’allegra giornata passò, venne la sera
e cominciò a discendere la notte nera, nera.
Più non ci si vedeva tanto l’aria era oscura
Lulù, Nanà e Mimì tremavano di paura.
E tremavano di freddo le tre principessine
nel buio si stringevano l’una all’altre vicine.
Con un filo di voce chiedeva tutt’e tre
“Ma il paese del sole, dunque, Nikito, ov’è?”.
E Nikito tranquillo: “Bisogna camminare
tre o quattro giorni, poi attraversare il mare”.
Il cane brontolò: “È ancora un po’ lontano”.
e il pappagallo intanto rise fra sé pian piano
“Torniamo indietro” disse singhiozzando Lulù
ma Nikito gridò: “No, c’è un lume laggiù!”.
C’era un lumino infatti laggiù nel fondo nero
per giungervi trovarono uno stretto sentiero
e andarono e andarono le piccole sorelle
nella notte scurissima senza lume né stelle.
Andarono, andarono fino a che quel lumino
ch’era lontano, lontano non fu vicino, vicino.
Si trovarono allora ai piè di una casetta
rossa e tonda che aveva lassù una finestretta,
ne usciva un po’ di luce e rimasero là
guardando in su curiose Lulù, Mimì e Nanà.
Ma Nikito d’un balzo la raggiunse uno due tre!
Giunto lassù aggrappato: “Se sapeste chi c’è!”.
“Chi c’è?” le bimbe urlarono con l’acute vocina
e Nikito dall’alto: “C’è la vostra mammina!”.
Lo scimmiotto era forte prese Mimì ben stretta
e l’alzò perché giungesse fino alla finestretta.
“È proprio lei, la mamma” singhiozzava Mimì
“Fila vicino al fuoco! Mamma perché sei qui?”.
Alzò gli occhi la mamma, poi sorrise un poco
era bionda, era bella e filava presso il fuoco.
“M’ha portata qui l’orco dei monti, il più cattivo
e resterò qui dentro finché io vivo.
Devo filar la lana di settecento agnelli
prima di ritornar alle mie bimbe belle”.
Le bambine piangevano udendo quella voce
pensando con spavento a quell’orco feroce.
Nikito si grattava la testolina nera
poi disse: “Principessa, l’orco dov’è stasera?”.
“Non c’è, è andato a caccia, ritorna tra due giorni”.
“E allora la salviamo prima che l’orco torni!”.
S’arrampicò sul tetto come se nulla fosse
e cominciò a buttar giù le tegole rosse.
Con foga lo aiutarono il pappagallo e Flok
si sentivano venire giù le tegole: trac, trova.
E quando finalmente la mattina spuntò
c’era sul tetto un buco a forma di grande O.
Da quella in un momento la principessa uscì
ed abbracciò felice Lulù, Nanà e Mimì.
“Grazie!” disse stringendo la zampetta a Nikito
“tu sei uno scimmiotto intelligente e ardito!”.
Poi si posero un viaggio e quella sera stessa
tornava al suo palazzo la bella principessa.
E con lei tornarono Nanà, Mimì e Lulù
che da quel dì bellissimo non s’annoiaron più,
non conobbero più il male della noia
perché avevano la mamma ch’è la più grande gioia!