La macchina delle emozioni: come imparare a vivere il web senza perdersi la vita

Seconda tappa del tour di Navigare sicuri e secondo argomento: la dipendenza da internet, anche detta, con linguaggio internazionale: IAD- Internet addiction disorder.
A parlarne ai ragazzi della scuola media Bergamas di Trieste è il dottor David Martinelli, che cura i pazienti vittime di questo disturbo nel primo ambulatorio nato in Italia proprio per questo scopo presso il policlinico Gemelli di Roma.
“Il computer è come un elettrodomestico” ha spiegato Martinelli, riferendosi al fatto che ormai è normale trovarlo in casa, crescerci insieme persino. E non solo il computer, ma anche tutti i dispositivi come Playstation, DS, cellulare e piattaforme varie (passate presenti e future) che permettono di collegarsi e vivere un’esperienza virtuale.
Ma per quanto simile ad un elettrodomestico, se ne differenzia per una caratteristica essenziale.
“A differenza di una lavatrice o di un frullatore, il computer è una macchina che fa fare esperienze, fa conoscere e mette in contatto. In una parola ha a che fare con le emozioni.”
E le emozioni si vivono nella testa ma anche nel corpo, si imparano nel corpo, nella vicinanza, nell’esperienza fisica.
“L’idea che noi ci facciamo della vita è legata anche all’esperienza che abbiamo della vita, e se questa esperienza passa solo dal virtuale ci tagliamo via tutta una parte che poi è difficile recuperare.”

Internet allarga gli orizzonti, ma può anche chiuderli, se la nostra esperienza on-line diventa preponderante e preferibile rispetto a quella fisica, reale.

Insomma quando bisogna preoccuparsi per un ragazzo che sta molto al computer?
La risposta è semplice ma necessita di una grande attenzione da parte di chi osserva. Bisogna preoccuparsi quando l’esperienza virtuale (il web ma anche i videogiochi) sostituisce l’esperienza reale e ci fa fare una cosa in meno, per esempio vedere gli amici solo su skype o sui social invece di incontrarli, giocare solo on-line invece di giocare anche a pallone, o ancora quando le cose che prima lo appassionavano non hanno più interesse ai suoi occhi, quando il suo mondo invece di allargarsi si restringe.

Ma come interviene un genitore in questi casi?
La risposta la dà Cecilia Spanu, partner di Fattoremamma, grazie alla sua esperienza diretta. Cecilia infatti lavora sul web da anni, lo conosce bene, e ha quattro figli tra i 18 e i 9 anni che ogni giorno si confrontano con la rete.
“C’è un unico modo per accompagnare i propri figli” spiega Cecilia “essere presenti, requisito fondamentale, in modo autorevole, guidandoli attraverso la propria esperienza ed i propri valori e amorevole, accettandoli e riconoscendo il valore dei figli”.
Per tutti arriva poi l’invito del generale Rapetto ad essere attivi sulla rete.
“Non copiate da wikipedia ma create contenuti, non cercate documentari a luci rosse ma producete video di qualità che documentino la vostra realtà o le vostre passioni. E soprattutto fate in modo che sia il computer a dipendere da voi,e non voi a dipendere dal computer”.

Il prossimo appuntamento, per chi vorrà seguirci, sarà a fine gennaio, a Torino.

Anna Lo Piano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Dove vuoi andare?