4 principesse per un regno

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4 principesse per un regno

di Sofia Gallo
Illustrazioni di Manuela Santini
Giunti Junior
2008

La disgrazia di essere senza nome in un regno in cui funziona tutto così così, è il pretesto per la fuga della principessa di Alicanta, che spostandosi di regno in regno, incontra altre principesse malcontente e chissà che mettendosi insieme non possano combinare qualcosa di buono!

La principessa senza nome cavalcò fino a tarda notte e arrivò al castello del re di Alicantara, il regno vicino.
Trovò il portone spalancato: disse alla sentinella di guardia che si era perduta nella campagna ed entrò senza chiedere il permesso. Disse, cioè, una bella bugia.
Nel regno di Alicantara funzionava tutto malissimo. Tutto o quasi…ma anche qui procediamo con ordine.
Il re e la regina non erano in grado di governare. Il re era sempre ubriaco e insultava tutti con gran parolacce; la regina aveva soltanto voglia di cantare e assordava tutti con la sua stridula voce da gallina.
I soldati e le guardie del castello erano rozzi, maleducati e sciatti: sputavano per terra, facevano i loro bisogni in mezzo al cortile, masticavano in continuazione il chewing-gum e passavano le giornate a giocare a carte.
Del resto nessuno aveva mai dato loro un ordine che fosse un ordine.
L’unica cosa buona del regno di Alicantara era che di fare la guerra, in quelle condizioni, proprio non si parlava.
La principessa di Alicanta si accorse subito di tanto squallore.
“Dove posso alloggiare?” chiese gentilmente ad una guardia e quella le sputò su un piede.
“Ci sarebbe qualcosa da mangiare?”, chiese allora con un sorriso e la guardia le porse sgarbato una mela mezza marcia.
“Potrei avere una coperta?”, azzardò timidamente e un soldato le gettò un vecchio cappotto rosicchiato dalle tarme.
La principessa senza nome era troppo stanca per protestare.
Mangiò la mela, si sdraiò nel cortile sotto il vecchio cappotto, sputò leggermente verso la guardia, tanto per ricambiare la gentilezza, e si addormentò.
Il giorno dopo all’alba, quando si svegliò, i soldati e le guardie del re la stavano osservando.
“Come ti chiami?”, le chiesero.
“Germana”, rispose la principessa, sparando un nome a caso.
“Sembra un’anatra”, disse un soldato.
“Carolina, vi piace di più?”.
“Peggio che mai. è un nome da zia!”, disse un altro soldato.
“Carlotta!”.
“Carlotta cicciotta!”, dissero in coro ridendo e sputacchiando per terra.
“Che schifezza!”, disse la principessa.
“Ti chiami Schifezza?”, chiese un soldato più grosso degli altri.
“Certo che no – urlò la principessa rossa per la rabbia. – Mi chiamo…”.
“Nemmeno lei sa come si chiama!”. E giù tutti a ridere.

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