Il cammello bianco

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Il cammello bianco
Sofia Gallo
Collana ‘Mi riguarda’
ED. Paoline
2010

Il Cammello bianco parla di un ragazzino sahrawi, Thali, dei suoi amici, della sua vita, delle sue tristezze, gioie e speranze. I sahrawi vivono nella stragrande maggioranza a Tindouf, un luogo desertico e inospitale in territorio algerino. Sono lì in seguito a una guerra lunga ed estenuante contro il Marocco che si è annesso l’ex Sahara Occidentale, una terra che essi rivendicano come la propria terra.

Dal giorno del mio arrivo sto evitando Nsara, a stento la saluto, e andare al mercato significa incontrarla, sicuro come l’oro. Però le bambine sono corse intorno a Azman, battevano le mani e saltavano di gioia e io ho dovuto accettare l’idea.
Poi mi sono pentito. C’era da immaginarlo: Azman ci convoca per il giorno dopo e dove fa sistemare i nostri tamburi? Davanti al banchetto di Nsara, al centro del mercato!
Faccio uno sforzo e la saluto con finta allegria. Ha messo sotto a lavorare i suoi fratellini. Sono loro che l’aiutano  a preparare le tele da vendere: vanno a prendere l’acqua per i colori di tintura con le ghirbe di plastica, stendono le stoffe tinte ad asciugare nel cortile, poi le caricano su un carretto, le portano al mercato e le sistemano su un panchetto supplementare che affianca quello con i barattolini delle essenze medicinali. Nsara è super intraprendente.
Da lei scopro che oggi è un giorno importante, perché è successa una lite tra due artigiani per via di una sella che non è stata pagata: è la prima volta che a Smara si richiede l’intervento di un giudice. Un vero cadí che viene apposta da Dakhla per risolvere la faccenda e visitare il nostro campo.
Adesso capisco da dove salti fuori l’idea di Azman: il concerto è un’occasione per esibirci di fronte a lui!
“È tutta una buffonata”, dice Alì con voce dura.
È comparso alle mie spalle all’improvviso, quando già ci eravamo sistemati per suonare. Io tenevo il tamburo tra le gambe e Alì, passandomi vicino e facendo quel commento, mi dà uno spintone che mi fa perdere l’equilibrio.
Cado di lato a terra e tutti scoppiano a ridere. Alzandomi mi scappa un bell’insulto.
Alì allora torna sui suoi passi, mi si piazza di fronte e grida che io non so suonare un bel niente, che dovrei vergognarmi di darmi tante arie e sarebbe meglio per tutti se sparissi per sempre.
A quel punto le risate si spengono, le bambine abbassano la testa come fossero colpite da una doccia fredda e io rimango così male per quella scenata che consegno il tamburoa Azman e vado via, dritto filato nella khaima.
Sono talmente arrabbiato che nessuno osa fermarmi. Il concerto in onore del cadí lo faranno senza di me, penso con stizza.
Quando il battito del cuore ritorna normale, a mente fredda, mi dico che devo trovare il sistema di risolvere la faccenda una volta per tutte. Alì è davvero troppo geloso.
Ma come? Papà, dovresti essere qui. Questa è una cosa da uomini, non posso parlarne con le donne e non voglio che sia il nonno Thali a dirmi come fare.
Credo che dovrò prendere Alì da parte e chiarire tutto. Di sicuro sta soffrendo e ciò è ingiusto.
Ma non ho un’idea precisa di come comportarmi.
E Nsara che cosa penserà di tutto ciò?

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