Solido, liquido o gassoso?

solidoliquido
Solido, liquido o gassoso?

di Domenica Luciani
Giunti
1997

II Premio Città di Guidonia 1997
Finalista Premio Suzzara 1998
III Premio Valtenesi 1998
I Premio Ciliegia d’oro – Villanova sull’Arda 1999

Il quarto uomo dell’era

Oggi, otto marzo, alle ore diciassette e quaranta, temperatura esterna quattordici gradi, tempo uggioso (pioggerellina), comincia ufficialmente il “Giornale dell’ERA” per mano di Enrico Nesi, dodici anni, scrivano dell’ERA altrimenti detto Fermi.
Ecco fatto. Così non c’è pericolo che i posteri si sbaglino quando noi saremo morti e qualcuno vorrà scrivere un libro sulla nostra vita, oppure un capitoletto sull’enciclopedia Treccani, e vorrà sapere questa data gloriosa. I posteri allora leggeranno:
Alberto Di Biasi, Thomas Lefferts, Maria Pucci ed Enrico Nesi, membri fondatori della storica associazione di Esperimenti, Ricerche e Avventure scientifiche detta “ERA”, cominciarono a registrare i progressi della loro attività un fatidico otto marzo d’inizio Terzo Millennio, in un Giornale che oggi è considerato una pietra miliare per tutti gli scienziati. Si pensa però che l’ERA esistesse già da tempo…
è vero! L’ERA esisteva già da tre mesi, e io, mondo butano (come dice sempre Tom: il butano è un gas ganzo perché ricorda una parolaccia), non ne sapevo nulla. A dir la verità in classe nostra giravano delle voci che il Di Biasi, la Pucci e Tom stessero complottando qualcosa, che erano sempre a parlottare insieme durante la ricreazione. Ma solo ieri è successo il fatto che posso dire senza esagerazione ha cambiato la mia vita. Infatti prima ero solo un ragazzo qualsiasi, ora invece sono anche il quarto membro dell’ERA e sicuramente passerò alla storia. Sputateci sopra!
Ieri la Bersotti mi ha chiamato alla cattedra per un’interrogazione di ottica. Io non sono tanto tosto a scienze come lo sono a italiano, che lì davvero non mi batte nessuno, però la Bersotti mi ispira, sicché voglio sempre dare il massimo nella sua materia per farle piacere. Infatti è la prof più giovane di tutte e di faccia sembra quasi abbia la nostra età. Poi, come dice Tom, è cute, cioè è bona da morire, soprattutto quando si mette la minigonna di pelle. Ma insomma.
Fatto sta che a un certo punto la prof mi ha chiesto se potevo farle un esempio di lente convergente e uno di lente divergente. Scommetto che nessuno, neppure il Di Biasi, avrebbe saputo rispondere come ho risposto io. Ho detto:
– La lente convergente è quella degli occhiali della gente presbite, che sono in genere gli occhiali dei vecchi, come quelli della Cassi (nostra prof di inglese, detta anche “Cessi”). Questa lente fa l’occhio più grande: guardate la Cassi, sembra un gufo!
Io avrei voluto poi parlare anche della lente divergente, quella dei miopi, e fare l’esempio degli occhiali del prete che ci fa religione, ma la Bersotti mi ha interrotto con un bel sorriso:
– Va bene Nesi… Torna pure a posto. Hai già dimostrato notevole spirito di osservazione!
Poi, rivolta a tutta la classe, ha detto:
– Comunque fa piacere vedere che quello che leggete sui libri non rimane solo teoria astratta. Non dimenticate mai che la teoria si costruisce in base alla pratica, che nella scienza è fatta di ripetute sperimentazioni e ricerche.
Mentre tornavo al posto, tutto contento, ho notato che il Di Biasi mi fissava. Poi ho notato che ha mandato a Tom un bigliettino con la posta aerea (un aeroplanino di carta che si tira quando la prof non vede). Quindi, durante la ricreazione, mentre parlavo con l’Orselli (mio compagno di banco), il Di Biasi è venuto da me e mi ha detto:
– Nesi, ti aspetto oggi alle diciassette in punto a questo indirizzo!
E così dicendo mi ha messo un bigliettino nel palmo della mano, e poi me l’ha richiusa tra le sue con una faccia da agente della CIA. Alle sue spalle c’erano Tom e la Pucci che poi si sono allontanati con lui. Anche la Pucci aveva una faccia seria e solenne – Tom no, perché lui la serietà neanche sa dove sta di casa. L’Orselli ha detto:
– Che vuole quel borioso secchione? “Alle diciassette in punto”… Che modo lurido di parlare, non gli riesce dire “le cinque” come si fa tutti?
Non che l’Orselli avesse dato di fuori. Nessuno in classe nostra regge il Di Biasi, a parte la Pucci che ne è innamorata perché ammira la sua intelligenza. E sicché ho già detto il motivo principale per cui il Di Biasi è così odiato: non solo è il primo della classe, ma è anche il fidanzato della ragazza più bella di tutte, che purtroppo è una di queste superficiali che guardano solo il rendimento scolastico. Se quella grulla invece guardasse le cose che veramente contano nella vita, e cioè la bellezza e i soldi, allora di certo sceglierebbe o me, che sono parecchio bellino, o Tom, che ci ha il frigobar in camera e una villa con piscina e minigolf.
Comunque sia, l’invito del Di Biasi mi ha lasciato di stucco. Mi è entrata una gran curiosità addosso e avrei voluto chiedergli di più, ma in quella è suonata la campanella e siamo tornati tutti ai nostri banchi. All’uscita della scuola poi, non mi è riuscito di beccare né lui né Tom, che sembravano aver fatto a gara a sparire per primi. Insomma, per saperne di più, non mi restava che aspettare il pomeriggio.
Alle cinque spaccate, pieno di agitazione neanche avessi la febbre, mi son trovato di fronte a un portone con una targa di ottone, con su scritto:
“Dottor Alessio Di Biasi – Medico Dentista”.
Sapevo che il padre del Di Biasi faceva il dentista, però mi sono chiesto se il mio compagno non si fosse per caso sbagliato a darmi l’indirizzo dello studio del padre invece che quello di casa sua. E poi, confesserò, i portoni dei dentisti mi mettono sempre una gran strizza, sicché non mi decidevo a suonare il campanello. Per un istante ho avuto un pensiero assurdo:
– E se il vecchio Di Biasi mi acchiappa e mi trapana i denti a forza? Anch’io sono fra quelli che dicono che il suo figliolo è un gran secchione!- .
Ma poi ho ripreso padronanza di me e ho suonato. è venuta ad aprirmi la Pucci con un camice bianco lungo fino ai piedi. Mi ha detto:
– Nesi preparati: oggi è un gran giorno per te!
Ammetterò che in un attimo di follia ho pensato:
– Ora la Pucci mi abbraccia e mi dice: “Mi sfidanzo dal Di Biasi, perché mai e poi mai, neanche quando ci avrà la barba, sarà bello come te!”- .
Invece la Pucci, senza dir più nulla, mi ha spinto in un corridoio e poi dentro una stanza. Un gabinetto dentistico! Mi è ripresa strizza, tanto più che la Pucci mi ha fatto sedere sulla poltrona malefica (quella col trapano) e mi ha detto di stare tranquillo e di aspettare qualche secondo. Però, guardandomi intorno, ho visto che non si trattava di un normale gabinetto dentistico: c’era polvere dappertutto, giornali e riviste accatastate per terra e anche la poltrona su cui mi sedevo sembrava vecchia e arrugginita.
– Non mi farei curare dal babbo del Di Biasi- ho pensato – neanche avessi l’AIDS ai denti e lui fosse l’ultimo dentista sul pianeta!-.
Ho aspettato per un po’ con una certa smania addosso, finché, a un certo punto, non ho urlato:
– Insomma si può sapere che razza di mascherata è questa? Mi son bell’e divertito!
In quella è entrato il Di Biasi seguito da Tom. Tutti e due indossavano un camice bianco come la Pucci. Il Di Biasi mi ha stretto la mano e ha detto:
– Permetta che le presenti i miei colleghi: il signor Thomas Alva Edison e la signorina “Madame” Marie Curie. Ah, dimenticavo me stesso! Io mi chiamo Albert Einstein!
– E io allora come mi chiamo? – ho chiesto al colmo dello stupore.
– Lei – ha risposto Tom, cioè il signor Edison, con la solita faccia a pizzicore – se ci farà l’onore di diventare nostro collega, entrando a far parte dell’ERA, si chiamerà Enrico Fermi. Se no, cavoli suoi, rimanga pure il miserabile Nesuccio di sempre.
Ma non ho fatto in tempo a gridare: – Oh, Nesuccio a chi? – che il Di Biasi, alias Einstein, ha fatto una faccia solennissima e ha cominciato un lungo discorso che posso riassumere così. Ha raccontato che tre mesi prima, quando la Bersotti aveva sorteggiato tre coppie di ragazzi che dovevano fare la ricerca sulla pressione atmosferica, lui si era trovato in coppia con Tom. Mi ricordavo bene di quella ricerca: mentre i ragazzi leggevano le loro relazioni seduti alla cattedra, la Bersotti stava in piedi alla lavagna con una minigonna scozzese a pieghe. Insomma lui e Tom non solo avevano fatto la ricerca migliore di tutte, ma anche avevano avuto un’idea grandissima. Il Di Biasi, che è un gran cervellone, ha proposto a Tom, che è americano e ci ha a casa un sacco di riviste scientifiche (suo padre è ingegnere elettronico e ha lavorato anche per la NASA), di fondare un’associazione scientifica. Così è nata l’ERA (= Esperimenti, Ricerche, Avventure scientifiche), e poi il Di Biasi ci ha fatto entrare anche la Pucci. Potenza dell’amore! Infatti, visto che la Madame Curie di classe nostra non ci chiappa un cappero nulla di scienze, e l’unico radio che conosce è il sintonizzatore stereo a varie frequenze, non ci vorrà molto a capire perché Einstein l’abbia voluta con sé nell’ERA. Poi è venuta la parte interessante del discorso. Einstein ha detto:
– Da tempo cercavamo un quarto uomo, che oltre a essere in gamba a scienze, fosse anche bravo a scrivere. A proposito Nesi, complimenti, oggi hai fatto veramente una figura smagliante a scienze!
– Nonché una battuta smagliante su quel cesso ambulante della Cessi! – ha aggiunto Tom.
– Vi ringrazio, ma vorrei sapere perché il quarto uomo deve saper scrivere bene… – ho chiesto io.
Allora Einstein ha detto:
– è che ci serve uno scrivano, cioè un bravo giornalista che compili la rivista dell’ERA, riferendo delle nostre sedute e degli svariati esperimenti che faremo sulla materia allo stato solido, liquido, o gassoso.
– Mondo butano! – ha esclamato qui quel mattacchione del signor Edison, facendo anche la rima. – E il Nesi è nato con la penna in mano!
E dire che cinque anni fa, quando era con me in terza elementare, Tom sapeva appena parlare l’italiano! Ora fa anche le rime, e pure belline. Tant’è che, scordando di essere seri scienziati, siamo schiantati tutti a ridere come pazzi. Poi la bella Curie ha detto:
– E ora il Nesi ci deve dire se ci sta o no!
– Certo che ci sto! – ho esclamato io. Perché, corpo di mille atomi scissi (lo dice sempre il Di Biasi per dire “corpo di mille bombe” atomiche naturalmente!), non mi pareva certo vero di diventare scienziato.
– Però prima il Di Biasi – ho voluto sapere io – cioè, ehm, volevo dire il signor Einstein, mi deve levare una curiosità: chi è quel kamikaze che viene a farsi otturare i denti in questo troiaio di gabinetto dentistico?
– Ah! – ha detto allora il Di Biasi torcendosi dal ridere. – Qui di certo nessuno! Questo è il vecchio gabinetto dentistico del babbo, che lui per pigrizia ha lasciato così. Ed è una fortuna per noi, perché il babbo mi ha dato il permesso di stare qui dentro quando e quanto mi pare.
– Ho capito, questa è la sede dell’ERA! – ho esclamato io affascinato.
Era la prima volta che me ne stavo tranquillo, anzi, allegro, a sedere su una poltrona da dentista. Così ho dato una pedatina affettuosa a quel trapano innocuo.
– Sì! – ha risposto Einstein. – Ma questo non vuol dire che ce la devi subito distruggere!
– E poi occhio! – ha esclamato Edison. – Non scordare che il vecchio lavora nella stanza accanto… Lì c’è il vero gabinetto dentistico!
Einstein gli ha tirato un’occhiataccia, sicuramente per rimproverarlo del “vecchio”, e poi ha detto:
– Soprattutto non scordare che questo posto, l’ERA, i nostri nomi di scienziati e tutto il resto sono fatti segretissimi, di cui non devi far parola a nessuno…
– Ma perché? – ho chiesto io.
– Non conosci lo spionaggio industriale? – ha detto allora Edison. – Be’, c’è anche uno spionaggio scientifico, e noi non vogliamo che gli spioni ci soffino le nostre scoperte e si prendano tutta la grana loro!
– Corpo di mille atomi scissi, signor Edison! – ha tuonato Einstein indignato. – Tutto quello che l’ERA farà, lo farà solo ed esclusivamente per amore della scienza! Parlare di soldi non è da scienziati, ma da gente bassa e volgare!
Allora Edison ha replicato:
– Basso son di natura e non ci posso far nulla, però volgare caro Einstein sarai tu, che stai in un condominio di quaranta famiglie senza neanche uno straccio di piscinuccia! Noi Lefferts invece sì che discendiamo dalla nobiltà niuiorchese!
E giù hanno cominciato a dirsene di tutte, e poi perfino a prendersi per i capelli. Alla fine, attirato da tutta quella baraonda, è arrivato il signor Di Biasi con una dentiera in mano e l’ha tirata in testa a suo figlio ristabilendo la calma.
Madame Curie, tutta rossa per la rabbia che qualcuno avesse dato di volgare al suo Einstein, ha detto:
– Bene, ora che il nobile signor Edison ci ha dato il suo parere, si degnerà anche di dirci quando possiamo andare a casa sua per il battesimo dell’ERA del signor Fermi!
– Il battesimo dell’ERA? – ho domandato io tutto eccitato. Decisamente le sorprese non erano finite.
– Sì- ha detto Edison rimettendosi a posto i capelli arruffati. – Domani l’altro, alle sei, Fermi verrà battezzato!
– Allora – ha concluso Einstein – caro neocollega, arrivederci a domani l’altro, alle diciotto!
Non c’è stato verso di sapere altro: la Pucci mi ha spintonato fino al portone senza dire una parola, e in quattro e quattr’otto mi sono ritrovato sul marciapiede davanti alla targa d’ottone. Ero un po’ scombussolato da tutti questi nuovi avvenimenti, però emozionatissimo. E sfido! Non solo ero sano e salvo e senza neanche una piccola otturazione in bocca, ma anche, da semplice Enrico Nesi quale prima ero entrato, ne ero uscito niente po’ po’ di meno che Enrico Fermi.

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