Anatuf e gli uomini blu

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Anatuf e gli uomini blu

di Sofia Gallo e Dalila Mebarki
EDT
2009

Nel paese degli uomini blu, gli uomini si incontrano per caso e non sono sempre gli stessi perché vanno e vengono con i loro cammelli e le loro capre.
Sono nomadi gli uomini blu.
A volte si vedono le zeriba, capanne di canne e paglia o tende tese sui pali, sotto cui si mettono al riparo le provviste. Anatuf ha aiutato il suo papà a montare la zeriba e adesso si protegge dal caldo del mezzogiorno.

“Lo sai anche tu: una casa, una vera casa di pietra o di mattoni, è come una tomba. Si può vivere qualche volta anche sotto una tenda, ma la cosa migliore per noi è dormire sotto il cielo e guardare le stelle negli occhi.”

Nel paese degli uomini blu c’è tanta sabbia, di tutti i colori, rosa, bianca, giallo ocra, senape, e enormi dune spostate dal vento.
Il vento ha tanti nomi: harmattan, ghibli, simun, nguia, tezakej, e può soffiare così forte da impedire di respirare e anche di vedere.
Tutto allora diventa colore della sabbia, rosso o giallo.
Quando non c’è vento, Anatuf sale sulle dune, veloce, a quattro zampe, e di lassù fa spaziare gli occhi sull’immensità del deserto che racchiude la storia degli uomini blu. Poi scivola giù e scava nella sabbia un letto morbido e ben riparato dall’aria fredda della sera.

“Non abbiamo storia, perché i nostri padri l’hanno scritta sulla sabbia e il vento l’ha portata via. Il deserto sembra eterno a colui che lo abita e offre questa eternità all’uomo che saprà essergli fedele.
Dio creò il deserto affinché gli uomini vi potessero conoscere la loro anima. L’amicizia è una strada che scompare nella sabbia se non si rifà senza posa.”

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