Come creare una rockband da sballo

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Come creare una rockband da sballo

di Domenica Luciani e Riccardo Bertoncelli
Giunti Editore
Collana “Graffi Dreams”
2005

Mist!

NKi ha detto ke la skuola è sempre una palla kolossale?
Okay, lascio perdere le kappa, che sono la mia fissa, e riformulo la domanda correttamente: chi ha detto che la scuola è sempre una palla colossale? Difatti se non ci fosse stata la nostra scuola e i festeggiamenti per i suoi venticinque anni di vecchiaia non sarebbe nata la più grintosa band di tutti i tempi – la NOSTRA!!!
D’accordo, se fate i bravi e non rompete con le domande, vi racconto tutto dal principio. Così risparmierò anche la fatica ai nostri futuri biografi, cioè a quei fan cecati che vorranno scrivere la nostra vita e non sapranno da che parte cominciare.
Era la mattina del 16 aprile e stavo frugandomi nella narice destra in cerca di ispirazione. Avevo appena attaccato a scrivere sul diario la prima strofa della mia prima gloriosa canzone:

‘C’è un omino nel cesso
sul sedere ho un ascesso
e mi skappa già adesso
ma non son mika fesso…’

Stavo giusto pensando che era il momento di cambiare rima, quando hanno bussato alla porta di classe. Il prof Carrai ha mollato la poesia di Montale che stava leggendo (una roba tostissima, che ci voleva il cervello di un alieno di ‘Mars Attack’ per capirla) e ha gridato:
– Avanti!-
Tizzo, il mio compagno di banco, mi si è avvicinato all’orecchio e ha bisbigliato:
– E se ora entrasse uno zombie con le orbite degli occhi brulicanti di vermi? –
Spara frasi come queste ogni due per tre, ma per il resto è uno a posto. Cioè, a parte i teschi che porta addosso (su anelli, fibbie e perfino sul davanti delle mutande).
In effetti la porta ha cigolato in modo sinistro e si è affacciato una specie di cadavere in avanzato stato di decomposizione che ha porto un foglio in mano al prof. Perché anche uno che non è in trip per l’horror come Tizzo riconoscerebbe che il nostro bidello sembra appena esumato da una tomba.
– Una circolare… ha detto il Carrai allontanando il foglio dai suoi occhi presbiti.
– Deve leggerla alla classe – ha mormorato lo zombie deferente. Dopodiché, accennando un saluto con le falangi della mano destra, ha richiuso la porta alle sue spalle.
– Riposa in pace, animuccia dannata – ha mormorato Tizzo facendo una smorfia. Poi ha preso a picchiare due pennarelli sul banco, come se fosse la sua batteria.
Io allora, per non essere da meno, ho acchiappato il righello e ho improvvisato un giro di basso. Ovviamente per finta. Il vantaggio di stare all’ultimo banco: certe volte potresti anche ingaggiare un incontro di wrestling e nessuno se ne accorgerebbe.
Intanto il prof si era schiarito la voce e aveva attaccato a leggere la circolare, che era un comunicato della preside:
– In occasione del venticinquesimo anniversario della fondazione della scuola media ‘Luigi Cherubini’, saranno allestiti grandi festeggiamenti che si svolgeranno nelle tre giornate del 9, 10 e 11 giugno in chiusura dell’anno scolastico…-
– Non sapevo che questa scuola fosse così decrepita – ho detto a Tizzo.
– Scommetti che le ossa del suo fondatore sono marcite da un pezzo? – ha fatto lui.
Io però non gli ho risposto, perché, una volta tanto, ero intrigato da quello che stava dicendo il prof. Il comunicato infatti aggiungeva che noi ragazzi, individualmente o in gruppi, avremmo potuto prendere parte attiva ai festeggiamenti, esibendoci in quello che meglio ci riusciva: spettacoli teatrali, tornei di poesia, performance artistiche, concerti musicali.
– Una commissione di insegnanti – ha concluso il Carrai – voterà la prestazione migliore in ogni campo. E il vincitore o i vincitori si vedranno annullati tutti i debiti accumulati nelle varie materie -.
In classe è scoppiato un boato di entusiasmo, a cui sinceramente ci siamo uniti anche io e Tizzo.
– Kover, ti rendi conto? – ha gridato Tizzo. – Potrei sgamarla a inglese e a storia! –
– E io a mate! – ho esclamato. – Sempre ammesso che vinciamo noi due…-
Qui Tizzo è rimasto un attimo perplesso e ha preso a succhiarsi pensoso un ciuffo dei suoi sudici e lunghi capelli neri. Credo li lavi solo per il suo compleanno.
– Ma cosa faremo per vincere? – ha chiesto alla fine.
– Faremo un concerto rock. Suoneremo! – ho esclamato io.
– Giusto, lunga vita all’heavy-metal! – ha gridato gasato lui, innalzando due paia di corna.
– Il punk non morirà mai! – l’ho rimbeccato io, sparando il pugno per aria.
– Arne e Tito, piantatela di fare i cretini! – ha urlato il Carrai. – Piuttosto, ditemi qualcosa di Montale…-
Lo svantaggio di stare all’ultimo banco: certe volte sei talmente sicuro che nessuno si accorge del casino che fai, che finisci col fare troppo casino, attirando l’attenzione del prof.
Il Carrai si è messo a braccia conserte, aspettando una nostra risposta, che però non è venuta.
Ovvio, tutto quel che sapevamo di Montale, era che non era stato né un metallaro, né un punkabbestia. Altrimenti, famoso com’era, avrebbe come minimo partecipato al ‘Gods of Metal’ o ‘all’Heineken Jammin’ Festival’.

A fine lezioni io e Tizzo siamo usciti di scuola al galoppo come due cavalli selvaggi. In più, gesticolando come due scimmie impazzite.
– Oggi è stato un giorno da cover! – ho urlato io. Nel mio vocabolario ‘da cover’ vuol dire non solo da copertina, ma anche da sballo totale. Lo dico talmente spesso che ormai qualcuno (leggi: Tizzo) si è scordato che mi chiamo Arne e mi ha ribattezzato ‘Kover’ (rigorosamente con la kappa).
– Un rockcontest a scuola, ancora non ci credo! – ha gridato Tizzo.
Proprio così: quando a ricreazione eravamo andati in presidenza per informarci meglio sul contenuto della circolare, la segretaria ci aveva chiesto in quale categoria intendevamo esibirci; e quando avevamo risposto ‘concerto rock’, lei aveva esclamato sicura:
– Ah, allora parteciperete al rockcontest! –
In preda a un’euforia pazzesca, io ho preso a roteare per aria come un lazo la catena che porto sempre in vita. Sennonché mi è franato il lucchetto sulla capoccia, facendomi un male boia. Rischi del mestiere: il lucchetto attaccato alla catena è un must per un punk che si rispetti.
D’altra parte non sono stato l’unico a scatenarmi (in tutti i sensi). Difatti Tizzo si è messo a fare headbanging, cioè a scuotere la testa come un pazzo, spargendo forfora al vento come fosse polline primaverile. E siccome quando fa headbanging tiene per lo più gli occhi chiusi, non volendo è andato a sbattere contro un ciccione che camminava in direzione opposta.
– Malnato deficiente! – ha gridato il ciccione.
– Umanoide putrescente! – ha gridato Tizzo.
Poi ci siamo dati una calmata e abbiamo ripreso a parlare dell’argomento top del momento.
– Insomma, dobbiamo fondare una band – ho detto io.
Tizzo ha sporto la mascella in avanti stringendo la mano a pugno.
– Giuro e spergiuro, sarà metallo puro! – ha esclamato.
– Che cacchio dici? – ho fatto io.
– Che ovviamente sarà un gruppo heavy-metal – ha risposto lui. Dopodiché ha mitragliato tutto d’un fiato: – Di qui a giugno dovresti farcela a farti crescere un po’ quei capellucci da pulcino asfittico. Forte, così ti verrebbe una bella zazzerona bionda tipo il cantante degli Obituary o quello dei Saxon! –
– Se pensi che mi converta al metal sei fuori come un terrazzo – ho detto io. – La nostra sarà una punk-band!-
E poi, figuratevi se avrei mai rinunciato al mio epico taglio alla mohicana! Ma Tizzo ha la testa dura, oltre che forforosa, e così, arrivati davanti a casa mia, stavamo ancora strillando come due galli da combattimento.
– Ho detto punk! –
– Metal! –
– P-U-N-K! –
– MetalMETALMETAL! –
Stavamo quasi per mettere mano agli zaini (per tirarceli sulla zucca), che si è affacciata mia mamma sulla porta di casa. Da brava tedesca, lei è la puntualità in persona e se ritardo cinque minuti se ne accorge subito, manco avesse inghiottito un cronometro di precisione.
– Arne, tesoro, cominciavo a stare in pensiero – ha detto. – Forza, vieni a mangiare che ho fatto la braciola con le ciliegie -.
Tizzo ha sgranato i suoi occhi a palla.
– Braciola con ciliegie? – ha fatto allibito. – Avete per caso invitato a pranzo l’abominevole uomo delle nevi?-
Mia mamma è scoppiata a ridere. Poi gli ha spiegato che si tratta di un piatto tipico della sua regione, la Westfalia, e che in realtà è squisito.
– Confermo – ho detto io. – A volte due cose diverse come la carne e la frutta possono andare d’accordo benissimo: basta trovare la formula giusta per combinarle insieme -.
Non avevo finito di dire questa frase che ho avuto una specie di folgorazione. Tipo quella scarica elettrica che mi ero beccato quella volta che strimpellavo il basso in giardino e si è messo a piovere a dirotto sugli amplificatori. Solo che allora sono rimasto rintronato, mentre adesso ho schioccato le dita e ho gridato:
– Trovato! La nostra sarà una band punk-metal!-
E siccome Tizzo mi guardava scettico e continuava a rigirarsi al dito l’anello col teschio che fa la linguaccia, io l’ho invitato a mangiare per togliergli ogni dubbio.
Mezz’ora dopo, a tavola, Tizzo stava facendo il bis di braciola con ciliegie. La mamma l’ha guardato digrumare con un sorrisetto malizioso. Poi ha chiesto:
– Allora Tito, è stato davvero un grande sforzo mandar giù questo pasto?-
Tizzo si è passato le dita unte sui capelli che tanto più lerci di così non potevano essere.
– Onestamente no – ha risposto, – ma solo perché ho immaginato che le ciliegie non fossero ciliegie -.
– Magari hai pensato che fossero olive nere? – ho chiesto io.
– No, ho pensato che fossero globi oculari insanguinati – ha risposto tranquillo lui.
Ovviamente, non appena si è assentato per andare in bagno, i miei hanno detto la loro. La mamma, infilando i piatti sporchi in lavastoviglie:
– Potrebbe sembrare anche normale se non si vestisse come un becchino -.
E papà, scuotendo la tovaglia briciolosa dalla finestra:
– Macché normale, quel poveretto non è affatto a piombo -.
Io avrei voluto replicare che invece Tizzo lo era eccome, considerato che il piombo è una lega di metalli ed è pesante. Ma ormai il pranzo era finito e non vedevo l’ora di chiudermi in camera mia a confabulare con lui. Questa faccenda del rockcontest mi intrigava davvero un casino. Mi chiedevo solo se un bassista potesse diventare una rockstar. Perché in genere in una band tutta la gloria se la cucca il vocalist, cioè il cantante, o al massimo il chitarrista.
Però poi, entrando in camera mia, ho adocchiato il poster del mitico Sid Vicious che avevo attaccato sopra la scarpiera. Ecco un bassista che è passato alla storia, mi sono detto. E se c’era riuscito lui che aveva imparato a suonare il basso in una notte, dovevo non riuscirci io che lo suonavo ormai da ben due settimane e mezzo?
Così, siccome Tizzo era ancora chiuso in bagno, ne ho approfittato per provare qualche posa allo specchio. Imbracciato il basso, mi sono piazzato a gambe larghe e ho cominciato a fare boccacce digrignando i denti. Prima però mi sono sputato sulle mani e mi sono inamidato i ciuffi sulla capoccia (dopo cinque ore di scuola il gel svanisce e tendono ad ammosciarsi un po’). Con la testa a porcospino e l’aria trucida facevo un figurone.
– Ehi, raga sei proprio da cover! – mi sono detto.
Poi ho sollevato il dito medio di tutte e due le mani.
– Chi stai mandando a quel paese? – ha chiesto Tizzo entrando in quel momento.
– Nessuno di tua conoscenza – ho risposto. Poi, per togliermi dall’imbarazzo, ho aggiunto: – Tu piuttosto, pensavo fossi cascato dentro al cesso. Ci hai svernato in bagno -.
Tizzo ha preso a battere ritmicamente un tagliacarte sulla lampada della mia scrivania. E’ proprio fissato con le percussioni.
– Ho solo controllato gli scarichi del lavandino e della doccia – ha detto.
Io l’ho guardato senza capire.
– Non hai letto It di Stephen King? – ha fatto lui.- Il male è annidato nelle fogne e nelle condutture dei sanitari -.
It è la Bibbia di Tito Tizzo e Stephen King il suo grande idolo. Sogna già di andare al suo funerale quando morirà.
Però quella faccenda del male dentro i sanitari mi ha fatto girare le scatole. Difatti, siccome l’omino nel cesso della mia canzone era chiaramente un essere malefico, sospettavo che King mi avesse fregato l’idea. E, a proposito della mia canzone, ecco che siamo tornati a bomba a parlare della nostra band.
Dopo essersi stravaccato sul mio letto (io però gli ho schiaffato prontamente uno straccio da spolvero sotto la testa), Tizzo ha convenuto che braciola e ciliegie insieme non erano così male. Per cui forse c’era da sperare che fosse possibile anche un mix di heavy-metal e punk.
Io ho annuito soddisfatto mentre aprivo la finestra e scaraventavo la mia catena in giardino, accanto alla rastrelliera delle bici. Infatti in casa la portavo raramente perché era troppo laborioso toglierla quando dovevo andare al gabinetto. Preferivo usarla per allucchettarci la bicicletta.
Mi sono sdraiato comodamente sulla moquette.
– Bene – ho concluso, – a questo punto c’è solo un piccolo problema da risolvere…-
Qui si è spalancata la porta ed è apparsa la faccia stizzita di mia mamma. Un attimo dopo, splat!, mi è planata addosso Mist. Ho lanciato un urlo bestiale, perché una cavia obesa che ti arriva dritta sul pacco equivale a una pedata assestata bene.
– Quante volte devo dirti di non lasciare la gabbia aperta? – ha gridato la mamma. – L’ha già scodellata sotto il bidé -.
– E’ una cavia educata, perlomeno è andata a farla in gabinetto – ha sghignazzato Tizzo.
– Fa solo onore al suo nome – l’ho difesa io. Difatti ‘Mist’ in tedesco vuol dire proprio ‘cacca’.
Per tutta risposta la mamma se n’è andata sbattendo la porta. Io ho rimosso Mist dal basso ventre, da cui ancora si sprigionavano stelline di dolore, e le ho mollato un bacetto sul muso. Certo, è decisamente sovrappeso, però ha un bellissimo pellicciotto pezzato bianco e miele come un cavallo pellirossa e due orecchie rosa un po’ frastagliate che sembrano appunto petali di rosa. A mio parere, proprio una cavia da cover.
Dopo averla coccolata un po’, l’ho riposta nella sua gabbia, accanto al mio letto. La lettiera era già piena di palline nere, ma adesso non avevo voglia di pulirla. Lo so che toccava a me, ma in fondo non ero stato io a chiedere di avere una cavia peruviana. Me l’aveva regalata mia mamma quando ero diventato punk. Anche lei da giovane era punk e pare che in Germania a quei tempi i punk andassero in giro con una cavia sulla spalla. E questo proprio non lo capisco: com’è che faceva una tragedia per qualche bisognino sul pavimento, mentre allora si faceva scagazzare allegramente addosso?
“Dove eravamo rimasti? – ho chiesto a Tizzo mentre richiudevo attentamente la gabbia,
“Stavi parlando di un piccolo problema – ha risposto lui studiando una ragnatela sul soffitto.
“Già – ho detto: “si tratta del fatto che un basso e una batteria non bastano per fare una rock-band -.
Tizzo ha fatto un grugnito e ha preso a masticarsi il labbro inferiore.
“Mannaggia, non ci avevo pensato” ha detto. “Ci servono almeno un cantante e due chitarristi”.
“Due chitarristi?” ho chiesto io.
“Sì, una chitarra di accompagnamento e una chitarra solista” ha spiegato. “Alla chitarra solista ci vuole un guitar hero, cioè un genio delle sei corde, che sappia fare scale a bestia”.
Ovvio, Tizzo ragionava avendo in mente la tipica formazione metal a cinque membri. A volte mi chiedevo se non avesse anche il cervello foderato di borchie.
Io però non ci stavo. In fondo i Sex Pistols erano quattro, così i Ramones, gli Stiff Little Fingers e gli Offspring.
“Addirittura i Blink 182 sono in tre” ho detto a un certo punto.
“Ma i Rammstein sono in sei!- ha gridato Tizzo.
“Billy Idol e Steve Stephens: due!” ho strillato io.
“Gli Slipknot: nove!” ha urlato Tizzo.
Insomma, abbiamo preso a sparare numeri manco li stessimo tirando su dal sacchetto della tombola. Così stavamo perdendo di vista il problema principale: dove trovare altri membri per la nostra band?

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