Navigare Sicuri: 5 cose che ho capito

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L’ultima tappa del tour di Navigare Sicuri è stata Roma, ed essendo anch’io una delle fortunate cittadine della capitale sono andata. Stavolta non dovevo parlare, per cui mi sono accomodata in prima fila insieme a mio figlio tredicenne (per cui perfettamente in target) e mi sono goduta gli interventi, che stavolta erano affidati, oltre all’impareggiabile generale Rapetto, a Carolina Rey, conduttrice del TiGGI per ragazzi di Rai Gulp e a Silvia Tropea, animatrice insieme a Serena Nobili del blog collettivo Genitori Crescono. E mentre li ascoltavo, tra un tweet e l’altro, ho buttato giù qualche riflessione su quello che io ho imparato da questa esperienza.

1. La prima cosa è un’osservazione sui ragazzi. In barba agli studi e alle statistiche sulle generazioni in divenire, una cosa è certa: crescete i ragazzi in un ambiente che li stimoli, che permetta loro di esprimersi, che metta in valore le loro potenzialità e le loro diversità, e avrete persone reattive, attente, consapevoli, portate ad emozionarsi, a farsi coinvolgere e ad agire. Non credo che servano altre ricette, serve casomai estendere questa possibilità a tutti, non solo ai privilegiati.

2. “Per parlare ai ragazzi bisogna essere chiari, diretti e divertenti.” Questa grande verità è di Carolina Rey, che è intervenuta  ieri e che si comunicazione con i più piccoli se ne intende. Ai ragazzini non si mente, è inutile, ti “sgamano” subito. Bisogna essere onesti, e trovare l’approccio ludico giusto. Che poi è il segreto di ogni apprendimento.

3. Il web è un mondo intero, e il fatto che sia virtuale è una sua qualifica, non deve intendersi come riduttivo. Ciò che mi ha colpito di più in questi mesi è stato il concetto di cittadinanza del web, ribadito più  volte da Rapetto. Bisogna imparare ad abitare il web come si abita un paese, cercando di dare il meglio di sé, di partecipare e contribuire, di aiutare gli altri, di esercitare diritti e doveri, imparando le regole di buon vicinato e i limiti del nostro ego.

4. Il web permette di esprimere se stessi, di abbattere confini culturali e materiali. Non servono conoscenze o raccomandazioni per condividere con gli altri quello che ci piace e che sappiamo fare. Insegnare “a fare” sul web mi sembra l’approccio più sano, quello che protegge da abusi ed eccessi. Ed è un approccio da perseguire a tutti i livelli, dai più piccoli agli adolescenti.

5. Ultimo, ma non ultimo per importanza, sono convinta che un progetto come Navigare Sicuri sarebbe utile anche per gli adulti. Non solo tu temi come la sicurezza o il furto di identità, ma anche le regole di buon comportamento e la gestione delle emozioni sul web. Vedo troppe persone della mia generazione che non riescono a sfruttare le potenzialità della rete, o usano i social network con meno maturità dei preadolescenti. Credo che insegnare ai genitori e agli insegnanti trattandoli come utilizzatori prima ancora che come referenti adulti di nativi digitali potrebbe essere una chiave di sviluppo interessante.

Anna Lo Piano

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