Il bambolotto
Il camaleonte
Il cammello
La capretta
La lumaca
Il merlo
Il paguro
Il pellicano

Il bambolotto

C'era una volta un bambolotto tozzo che voleva fare il mozzo, 
ma siccome era imbranato finì dritto nel bucato. 
Quando dall'oblò guardò fuori, pensò: il mare ha strani colori, 
ma si rese ben presto conto di esser un tantino tonto. 
Quando la sua padroncina lo portò con sé in cucina, 
vide l'acqua, i pesci rossi e si tuffò nei flutti mossi. 
Ripescato suo malgrado, disse:
"Qui scendo di grado", ma più giù non poteva andare, 
"torno subito a cercare." 
Quando fu asciugato in bagno si sentì preda di un ragno: 
prigioniero della ragnatela, non vedeva neanche una vela.
Quando la notte arrivò, a fatica riposò, 
e mentre dormiva il suo sogno un po' smarriva: 
gli sembrava di arrivare finalmente in riva al mare, 
la sua nave lì aspettare, 
poi nel vuoto galleggiare. 
Tutto sudato si svegliò e alla finestra si avvicinò. 
Nel giardino un pozzo di mattoni troneggiava tra i limoni. 
" Come mai non ho capito? Ogni viaggio avevo fallito, ogni desiderio era svanito. 
Ho il mare a disposizione, basta prendere una decisione. 
Saltò il bordo, cadde in acqua emozionato,
si aggrappò a un compensato:
" Avanti a dritta, mio capitano, 
sono pronto a darti una mano!"
Una rana su una foglia lo guardava divertita: 
"Qui la testa gli è partita!
Spensierata giovinezza, ogni sogno è una carezza!"

Il camaleonte

C'era una volta un camaleonte che decise di buttarsi sotto a un ponte. 

Gli disse il coccodrillo: "Mi sembri un mandrillo,
si può saper cos' hai per cacciarti in mezzo ai guai?"

Dal pantano sottostante la rana esclamò: "Che aitante!" 
Nessuno capì cosa volesse dire, ma quel che diceva valeva cinque lire.

Il gatto fece il matto: saltò giù nel fosso come se non si fosse mosso!

Rimbrottò la marmotta: " Tu hai la testa rotta. Spiegarci tu dovrai, se motivi ne hai !"

Il triste camaleonte si bloccò sopra al ponte,
vide tutta la gente e non capì più un accidente.
Si vergognò anche un poco, ma ormai era già in gioco.
Disse a quei suoi amici: " Un tempo eravam felici, 
abbiam imparato a fingere, sembriam tutte pernici,
io non riesco a piangere che lacrime invisibili, 
mi sembra di aver dentro dei buchi inesauribili."
Ma, mentre così parlava, la testa gli girava 
e, goccia a goccia, il pianto usciva come lava.
Il coccodrillo, la rana, il gatto e la marmotta
piangevano anche loro, sembravan di ricotta.
Eppur da allora in poi non si dividon mai, 
dal verde animaletto hanno imparato un detto:
esprimi quel che senti e non temer gli eventi !!

Il cammello

C'era una volta un cammello che, ostinato, apriva l'ombrello, 
anche se il cielo splendeva raggiante, lui si aspettava una pioggia pesante. 
Restò immobile per mesi e mesi su quelle dune poco cortesi.
Quando sentì il bisogno di bere, pensò: son proprio cotto a dovere. 
Ma, imperterrito, non si mosse,
quasi neppure, deciso, si scosse.
Un serpente attraversava il deserto, cercando un riparo che fosse all'aperto, 
perché il caldo era una tortura e lui voleva un po' di frescura. 
Come vide il cammello e l'ombrello, disse; " Ma questo è davvero bello! 
Tu mi sembri assai esaurito, cosa fai lì fermo e contrito?"
"Se resto immobile e silenzioso, tra un po' si scatena anche un maroso. 
Verrà giù una pioggia battente
e tu, sbruffone, annegherai con niente!"
Sghignazzò il serpente sulla faccia del saccente, 
ma poi, mosso a compassione, pensò di aggiustare la questione. 
Corse all'oasi vicino, prese acqua in abbondanza, 
fatta una strana danza lo innaffiò con noncuranza.
Disse il cammello:" Sembra quasi che sia piovuto, un amico è un dono avuto. 
Io lo so che non viene dal cielo, non c'è lì neanche un velo. 
Ora posso buttare l'ombrello, avere te accanto è avere un gioiello. 
Aspettavo un evento speciale, beh, come questo non ce n'è uguale!"

La capretta

C'era una volta una capretta ch' era cresciuta molto in fretta,
era talmente furba a capire che aveva sempre qualcosa da dire.
Era di certo simpatica assai, ma si metteva spesso nei guai
perché la gente non vuole ascoltare ciò che potrebbe forse scottare. 
Le altre capre, tanto offese, chiamarono un mago d'origine maltese, 
che, salito fin sopra la vetta, fece un maleficio alla poveretta.
Disse: "Ogni volta che il pelo cambia natura, 
dal tuo cervello uscirà segatura, 
e se del sale non mangerai, non riuscirai a pensare
né ora né mai." 
Così se la luna cambiava espressione, la capretta perdeva passione 
ed il suo pelo cadeva a terra,
sembrava davvero un campo di guerra.
La sua testa si confondeva e nella stalla si nascondeva. 
Nessuno poi le diede del sale,
e lei non pensava, sentiva del male.

Venne a sapere di questo frangente un piccolo ragno prepotente, 
che ,convinto delle sue ragioni, la raggiunse di corsa in mezzo ai covoni. 
Tessè una tela luminosa per difendere la ritrosa, poi sussurrò:
"Tu credi davvero che quel mago sia stato sincero? 
Credi che toglier potere alla mente sia un gioco che si può fare con niente? 
Guardati dentro e non aspettare, ci son pensieri da non evitare".

Nella campagna qualcuno informato dice che la capra ha di nuovo belato,
sembra che abbia cambiato anche zona, vive in un ranch in Arizona. 
Tiene concerti e conferenze, su tutti i temi, non ha preferenze. 
Ogni tanto invia una cartolina: "Saluti al mago, a voi capre e a mia cugina. 
L' ho sempre pensato che è proprio cretina. 
L'avete stonata con la vostra dottrina!".

La lumaca

C'era una volta una lumaca
ch'era da tutti calpestata.
Poverina, s'era stancata di essere schiacciata!
Così pensò di partire per la luna
a cercare un po' di fortuna,
ma non sapendo come fare 
chiese aiuto al vento del mare.
Il vento domandò al saggio Gabbiano 
di portare la lumaca il più possibile lontano.
Volarono insieme verso il sole e, al di là delle nubi,
arrivarono all'astro argentato senza proferire parole. 
L'animaletto, emozionato, disse alla luna: o mio pianeta incantato,
sono fragile e inerme, mi trattan tutti come un verme,
se tu volessi, potresti, per favore, per me
costruire un guscio che sia bello come quello di un re?
La luna sorrise e in un batter d'occhio decise.
E' da allora che la lumaca ha la sua casa. 
Qualche volta ne fa anche senza, 
quando sa che un amico 
sta cercando la sua presenza.

Il merlo

C'era una volta uno stupido merlo indiano che ripeteva un verso assai profano:
"Puff, sparisci , di terrore stupisci! Io sono mago, io sono un drago, 
finirai morto nel fondo del lago!"
Ogni animale che le sue parole sentiva, subito a terra tramortiva. 
Passarono gli anni, circa trentasette, 
rimaser nella regione poche corvette, 
che si tenevan ben lontane dalla sua gabbia, 
certe che minimo si sarebbero prese la scabbia.
Fu uno solo il temerario che andò a cercare il merlo fuori orario. 
Approfittando del chiarore della luna, si avvicinò al portator di sfortuna. 
E quando quello lanciò il suo anatema, rispose con un discorso 
che non sembrava neanche in tema: 
"Prova a chiudere gli occhi, piccolo indiano, io starò fermo, 
non prenderò la tua mano, ma , se tu vuoi allungarla verso il mio viso, 
potrai toccare e sentire il mio sorriso".
L'incantesimo fu così rotto da quel tipo con il suo motto. 
Sembra che fosse venuto da un pianeta
che assomiglia alla stella cometa, 
le sue sembianze eran certo stravaganti, 
metà angelo, metà piovra,
come i mutanti. 
Ma cosa importa che aspetto aveva, certo la luce dai suoi occhi splendeva.

Il paguro

C'era una volta un paguro che nella sua casa si sentiva sicuro.
Passò un'aragosta e gli disse: "Allora lo fai apposta, 
te ne stai chiuso dentro e non ascolti neanche il vento, 
ma perché non mi senti? Fuori c'è il mare, il sole, la vita.
Possibile che non capisci un accidenti?"
Il paguro lo guardò ombroso:"Certo che sei un bel coso! 
Tu hai le tenaglie contro le canaglie. 
Io sono indifeso, basta poco a togliersi il peso!
Non c'è paragone, al limite posso affacciarmi un attimo sul balcone."
L'aragosta, ch'era una tosta, studiò la situazione 
e, dopo poco, trovò la soluzione.
"Chiameremo il Granchio Protettore che saprà difendere il tuo cuore.
Quando uscirai, ci sarà lui a toglierti dai guai."
Il paguro venne fuori un po' timoroso 
e nel mare trovò finalmente un compagno amoroso.
Ora, libero, gioca con lui sulle sponde
mentre il granchio, ospite gradito della sua casa,
si diverte a cucinare per gli amici 
con il forno a microonde.

Il pellicano

C'era una volta un pellicano che mangiava come un caimano. 
Aveva ingoiato una balena, due piovre, 
tre granchi con le chele e una murena. 
Non riusciva più a spostarsi e faceva tanti versi. 
Eppur non si pentiva di non poter volar fino alla riva. 
Se ne stava così, contento, 
su una tavola in mezzo al mare azzurro, 
tutto intento. 
Passava in quel momento un pescecane abruzzese 
che stava tornando dall'oceano thailandese. 
"Sì grasse e belle, te 'ngoie senza cultelle!"
Ma, quando tentò di addentare l'uccello, non si spostò nemmeno quello,
lo guardò fisso negli occhi:" Va a mangiarti i finocchi!" 
Restò stupito il pesce violento di veder l'atteggiamento. 
"Cumpare me, te vulisse bacia', ti nu curagge da lione, nen è robe da pazzià".
Rispose il pellicano, fermo poco lontano: 
"Se tu mordi la mia carne, non saprai proprio che farne. 
A digiuno anche son sazio, sai, non è question di spazio.
Io mi nutro di sostanze che non stanno nelle panze. 
Sono obeso dell'amore che riempie tutto il mio cuore. 
Ora va, non tardare, cerca un modo per amare,
non ti sentirai più vuoto e farai anche del moto".
Rise allegro il pescecane: "Stu cellette è proprie strane!" 

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